La P2 e Bologna, 40 anni dopo

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Uno degli aspetti del carattere nazionale italiano è, senza dubbio, quello di dimenticare e ne abbiamo prove continue. Più di trent’anni fa, l’indimenticabile Fabrizio De André cantava, a proposito della P2 dell’aretino-romano Licio Gelli, una banda di massoni che ha segnato un’e poca nel torbido rapporto politica-affari che ha segna o la nostra storia repubblicana : “E’ una storia vestita  di nero, è una storia di basso impero, è una storia mica male insabbiata, è una storia sbagliata”, riferendosi al fallimento artistico dell’installazione massonico-natalizia apparsa a dicembre presso la stazione di Bologna. La verità è che, come è stato dimostrato in maniera esauriente dai diari di Tina Anselmi sulla commissione parlamentare sulla P2 pubblicati tre anni fa da Anna Vinci e da Chiare Lettere, a Bologna il Piano di rinascita nazionale di Licio Gelli e le responsabilità avute da quel la loggia e da altre logge bolognesi scoperte negli anni Ottanta nello stragismo e nell’attuazione del programma politico gelliano sono state provate senza possibilità di dubbio. Quel programma venne scritto a sei mano dal l’aretino Licio Gelli, dal romano Umberto Ortolani e dal palermitano Francesco Cosentino (segretario generale di Montecitorio fino al 1976 fu immortalato nella fotografia in cui il capo della loggia P2 con il suo socio Francesco Pazienza, il generale Pietro Musumeci e il colonnello Giuseppe Belmonte-allora entrambi ai vertici dei  Servizi Segreti militari sono stati condannati per aver depistato le indagini alla stazione bolognese.

E ricordiamo anche che Loggia P2 è “gravemente coinvolta nelle strage dell’Italicus (4 agosto 1974 ) e può ritenersene addirittura responsabile in termini non giudiziari ma storico-politici, quale essenziale retroterra economico, organizzativo e morale.” Così un’altra vicenda che merita di esser ricordata è la scoperta dei nomi degli affiliati bolognesi della P2. Per esempio,chi ricorda ancora  il colonnello Antonio Calabrese, che il 2 agosto 1980 comandava i Carabinieri di Bologna? Basta pensare che nel 1973 l’allora maggiore  Calabrese aveva partecipato – insieme ai comandanti dell’Arma di Milano(Palumbo), Roma(Picchiotti) e Firenze(Bittoni) -ad una riunione a villa Wanda, domicilio aretino di  Gelli, in cui il padrone di casa raccomandava ai fratelli-generali di appoggiare sempre e comunque governi di centro ancor meglio se presieduti da un magistrato “affidabile” come l’allora procuratore generale presso la Corte di Appello di Roma Carmelo Spagnuolo.

Occorre invece attendere il 1984 perché la Commissione P2 riveli l’esistenza di altre due logge riservatissime con sede a Bologna. Una si chiama Virtus, è aperta anche alle donne ed è legata all’obbedienza massonica  di piazza del Gesù mentre la loggia Zamboni de Rolandis-legata come la P2 all’obbedienza di palazzo Giustiniani aveva tra i suoi “fratelli” Fabio Roversi Monaco (già Rettore dell’università bolognese ed ora presidente della Fondazione Carisbo), il medico Mario Zanetti (Direttore del Sant’Orsola dal ’72 al ’93 e Direttore dell’agenzia sanitaria regionale dal ’95 al 2000) e il magistrato Angelo Vella che fu costretto dal Consiglio Nazionale della Magistratura a dimettersi da presidente di sezione della Cassazione per i suoi legami massonici(altri tempi verrebbe da dire!). Negli anni Settanta Vella era stato giudice istruttore dell’Italicus.  Già ai tempi della commissione emerse la pericolosità della P2 e già alla fine del 1983 l’allora segretario di Magistratura Democratica  Giovanni Palombarini lanciò un allarme che oggi risuona come profetico:” L’impresa mafiosa è una micidiale mistura di potere criminale e di potere politico. La via è spianata dalla degenerazione dei partiti e della pubblica amministrazione. La parallela degenerazione istituzionale consente il passaggio continuo dalle attività criminali a quelle legali.”


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