Giornalismo sotto attacco in Italia

Un anno senza padre Paolo

0 0

Un anno senza padre Paolo. Un anno senza la sua voce, i suoi articoli, i suoi appelli, le sue lettere. Ci manca. Perché tante volte, in questi 365 giorni così terribili per quella parte del mondo che egli ama, conosce e abita, padre Paolo avrebbe certamente saputo trovare le occasioni e le parole  per aprirci gli occhi, per sferzarci, per scuoterci dalla nostra indifferenza e confusione, dalla nostra assuefazione al dolore degli altri e all’orrore. Nell’ultimo anno questo Medio Oriente impazzito ci ha portato nuove tragedie, nuove guerre, nuove crisi umanitarie. Un anno fa parlavamo tutti della Siria. Piangevamo per i bambini siriani, per i profughi, per le distruzioni, per l’uso scellerato delle armi chimiche. A un certo punto sembrava imminente anche un guerra dell’Occidente contro il regime di Assad. Poi si è preferito mantenere lo status quo nel timore di un incendio senza rimedio, peggiore di quello che si voleva spegnere. Intanto il caos si è impadronito dell’Iraq, dove a colpi di bombe avanza l’estremismo dell’Isis, e della Libia, dove ormai i diplomatici occidentali fuggono al grido di “si salvi chi può”. L’Egitto ha avuto i suoi tormenti sulla strada della ricerca di una nuova stabilità. Infine, ed è cronaca di questi giorni,   è esplosa Gaza. Così, tramortiti da questo nuovo carico di orrore e dolore, colpevolmente ci siamo dimenticati della Siria. Intanto, in tutto questo caos, i cristiani, quando non vengono cacciati (come è accaduto a Mosul, dopo una presenza ininterrotta  di 1800 anni), fuggono prima che sia troppo tardi.

Chissà se padre Paolo, nel suo luogo di prigionia (perché vogliamo crederlo vivo) sa di tutto questo. E chissà quanto gli pesa non farci arrivare la sua parola, non poter comunicare, lui che da uomo libero sapeva farlo così bene. Gli è rimasta solo la preghiera, che sicuramente sta nutrendo i suoi giorni.

Per ovviare al suo forzato silenzio possiamo ritrovare le parole di padre Paolo nei suoi scritti. In questi giorni di ferro e di fuoco è utile rileggere queste righe, dedicate alla civiltà del Mediterraneo: “Questa civiltà è la nostra; non è di certo la sola al mondo, ma essa è chiamata a un immenso sforzo di armonia interiore ed esteriore. È esattamente il contrario della teoria dello «scontro di civiltà» previsto qualche anno fa. Noi ci pensiamo talmente incompatibili! Quando invece la nostra presenza, di cristiani, musulmani ed ebrei, è essenziale per l’autenticità della nostra civiltà”.

* giornalista di Famiglia Cristiana, conduttore di Radio3mondo


Iscriviti alla Newsletter di Articolo21

Articolo21
Panoramica privacy

Questo sito Web utilizza i cookie in modo che possiamo fornirti la migliore esperienza utente possibile. Le informazioni sui cookie sono memorizzate nel tuo browser ed eseguono funzioni come riconoscerti quando ritorni sul nostro sito Web e aiutare il nostro team a capire quali sezioni del sito Web trovi più interessanti e utili.

This website uses cookies so that we can provide you with the best user experience possible. Cookie information is stored in your browser and performs functions such as recognising you when you return to our website and helping our team to understand which sections of the website you find most interesting and useful.