I pasticci del nuovo Senato

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Il progetto di nuovo Senato, come è uscito questa settimana dalle aspre discussione nella commissione Affari Costituzionale( arriverà lunedì alle 11 in Aula),è, senza dubbio alcuno non è soltanto frutto dell’ennesimo compromesso che privilegia due partiti rispetto a tutti gli altri e riguarda il sistema di elezione indiretta dei futuri senatori che verranno votati dai consiglieri regionali con listini bloccati e predisposti dai partiti.

E’ stato proprio uno dei correlatori, il leghista Calderoli- già proprio lui, l’autore del Porcellum, non ha accettato all’ultimo momento la mediazione prospettata dalla Finocchiaro che, di intesa con il governo e Forza Italia, aveva diviso  i seggi senatoriali spettanti ai partiti in ogni regione con “con sistema proporzionale, tenuto conto però della composizione di ciascun sistema regionale. Ma un simile sistema inserito nella Costituzione avrebbe significato premiare, in termini di seggi senatoriali, soltanto il primo partito della maggioranza e il primo dell’opposizione, il PD cioè  e Forza Italia. A questo punto il Nuovo Centro Destra e la Lega Nord ha chiesto che il sistema proporzionale non facesse distinzione tra il peso dei partiti e si è deciso quindi che si provvederà con una legge ordinaria a stabilire che i seggi saranno attribuiti “in ragione dei voti espressi e della composizione di ciascun Consiglio e questo, effettivamente può significare seggi senatoriali in più o in meno legati al premio di maggioranza che c’è nelle leggi elettorali regionali(che nel nostro Paese sono spesso diverse l’una dall’altra). Le proteste rispetto al testo del listino  approvato in commissione (che varrà per la prima applicazione e solo successivamente ci sarà la nuova legge ordinaria) sono arrivate immediatamente e il senatore di Brescia del PD, Paolo Corsini è stato immediatamente definito “gufo” e “professorone” con la leggerezza propria dell’attuale politica italiana.

Un altro problema irrisolto riguarda l’elezione diretta dei senatori(100, di cui 74 consiglieri regionali ,i 21 sindaci eletti(uno per regione, più Trento e Bolzano  e 5 di nomina presidenziale).La riforma prevede che sarà il primo partito in ogni regione a scegliere se mandare al Senato un sindaco o un consigliere regionale. Ma che cosa succede se anche il secondo partito, in presenza  di un terzo che ha ottenuto seggi, non opta per il sindaco ?

L’ipotesi, probabile, non è prevista e bisognerà invece dir qualcosa se accade. Il senatore Vacchino Chiti che da tempo conduce la battaglia per l’elezione diretta dei senatori non ha dubbi:” E’ un pasticcio immondo con la diserzione di gran parte dei costituzionalisti. ”

Ma, a ben guardare, il panorama  è tutt’altro che tranquillo. Massimo Luciani sul l‘Unità che osserva  a ragione che “l’attribuzione ai consigli regionali del potere di eleggere il sindaco spettante alla Regione” apre un problema:” se il Senato deve rappresentare le autonomie territoriali nella loro distinta individualità e se i Comuni non sono le Regioni, sembrerebbe più coerente affidare l’elezione dei sindaci ad una platea di rappresentanti comunali. I problemi dei quali… stanno anche e soprattutto nel legame tra la disciplina della composizione del Senato e quella dei rapporti tra lo Stato e le Regioni. ” Il presidente  dell’associazione dei costituzionalisti italiani, Alessandro Pace, ieri ha detto a un quotidiano:””Una siffatta concentrazione  di poteri, in capo a un solo partito e al suo leader è impensabile in una democrazia liberale”. Lo affermò esplicitamente lo stesso presidente Napolitano nel discorso per il sessantesimo anniversario della Costituzione, allorché  prese le distanze dal semipresidenzialismo francese.”

E il giurista Massimo Villone, più volte parlamentare, ricorda: “Qui si mette in campo una cosa che non ha riscontri, nemmeno nel modello francese che conserva la possibilità di identità politiche diverse tra Parlamento e presidente. Nel modello che si prefigura per noi il leader è eletto sostanzialmente in modo diretto, comanda la sua maggioranza, si fa le liste, cioè porta alle Camere chi vuole. Un sistema più riduttivo degli spazi di democrazia rispetto al semipresidenzialismo e al presidenzialismo. Un’assemblea elettiva con una maggioranza prefabbricata e blindata è un vuoto simulacro di democrazia.”

Un pessimismo eccessivo quello di Luciani,  Pace o Villone per non parlare di chi scrive ? Può dirsi ma ci sono alcuni elementi oggettivi che vanno valutati prima di varare una legge di così grande importanza per la democrazia repubblicana.


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