Sotto il guano degli storni. Caffè del 13 novembre

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Il titolo che più mi ha colpito? “La guerra (persa) di Roma per salvarsi dagli storni”, la Stampa. Ecco finalmente un’immagine che racconta la crisi della politica romana, degna di Hitchcock. il Campidoglio senza più i soldi per liberare la città eterna dagli escrementi d’uccello!

Il Corriere della Sera batte le orme di Marco Polo. “Il mercato è decisivo per la Cina: dal conclave segreto arriva la svolta”. La scelta del Terzo Plenum, secondo me, annuncia fa fine dell’accumulazione primitiva in Cina. A centinaia di milioni i cinesi si sono trasformati in proletari inurbati, in gestori delle imprese, in capitalisti pubblici e privati. Ora si deve puntare sul mercato interno: chi vive nelle città vuole consumare, cioè poter scegliere tra i prodotti cinesi quali più gli si confanno. E chi è rimasto in campagna, vuole emanciparsi dal giogo del villaggio e del controllore funzionario di partito, vuole che la terra sia sua per migliorarne la coltura. È una rivoluzione, ma con il vertice del partito e dello Stato tenuti fuori e al riparo.

Il Fatto Quotidiano arruola Papa Francesco e gli dice: “Attento alla mafia!”. Secondo il procuratore Gratteri: “Il Pontefice vuole fare pulizia, ma questo 
non piace alla ‘ndrangheta. Chi si è nutrito del potere
 della Chiesa è nervoso. Se i boss potessero, gli farebbero 
lo sgambetto: è un pericolo”. Ha ragione Gratteri, ma faccio notare a Padellaro (pure a Messori e Ferrara, che hanno scritto del Pontefice) come Francesco abbia dietro di sé (e porti con sé dalla “fine del mondo”) quella straordinaria rivoluzione per cui miliardi di bambini, di donne, di uomini non accettano più di vivere come paria in questo nostro mondo. L’omelia del “pane sporco” che i devoti della “Dea tangente” portano ai figli ma che toglie “dignità” perché è pane “indegno”, la violenza con cui ha ammonito il mafioso e il corrotto, che donano alla Chiesa ma rubano allo Stato: “dice Gesù, non lo dico io, che gli mettano al collo una macina da mulino e sia gettato nel mare”, testimoniano di una necessaria e sofferta scelta di campo: la Chiesa abbraccia chi si batte per la dignità dell’uomo, contro i sepolcri imbiancati, attaccati come cozze al potere.

Titola Repubblica: “Legge elettorale, la grande paralisi”. C’ero anch’io. La Commissione Affari Costituzionali del Senato ha bocciato una proposta del Pd,  di Scelta Civica e di SEL, che prevedeva preferenze e premio di maggioranza al secondo turno. 11 voti a favore, 10 contrari (l’universo delle destre), 5 astenuti (i 5 Stelle). Perché è andata così? Perché siamo in regime di “larghe intese” e perchè la politica è bandita dalle aule parlamentari.

Le “larghe intese” suggerivano che in commissione si dovesse cercare un accordo Pd-PDL. Ecco, due relatori, Bruno, PDL, e Lo Moro, Pd. L’orrore della politica (che è scontro e solo dopo, se è il caso, mediazione) ha portato a incollare proposte diverse e incompatibili. Ha visto, così, la luce il “pillolato”: turno unico, con liste bloccate e circoscrizioni più piccole, premio di maggioranza a chi raggiunga il 40, ma forse anche  un “premino” per chi si avvicina a quella soglia. Insomma, un Porcellum rivisitato. Meglio andare in minoranza che proseguire in quella direzione. Ed è ciò che il Pd ha scelto.

Però non è finita. Calderoli (Lega) ha riproposto il Mattarellum, legge con cui si è votato nel 1996 e nel 2001, che almeno consentiva ai cittadini di scegliersi nel collegio il candidato da votare. Io ripartirei alla carica: doppio turno o Mattarellum. Che fate voi del PDL e voi del  M5S? E intanto li accuserei di voler lasciare l’attuale legge immonda e impopolare.

Ma questo si chiama far politica. Come far politica sarebbe sancire, finalmente, la decadenza di Berlusconi, dire che con i pochi soldi della “stabilità” bisogna aiutare chi soffre (dipendenti con meno di 30mila euro, imprese che cercano credito per investire, disoccupati veri, giovani del part time, pensionati) e non proporre condoni, non vendere spiagge a chi si è arricchito con il “pane indegno”, non esentare dalle tasse la proprietà, per bastonare invece i cristiani.

Scrive Piero Ignazi su Repubblica. “Gli scontri all’interno della corte berlusconiana sembrano svolgersi in una cornice da ancien régime: chi viene cacciato dal Re subisce l’ostracismo e l’esilio, e per lui non c’è altra sorte della solitudine e della miseria”. Forse questa volta è diverso, forse questa volta si dividono per davvero: lo ammettono Ignazi e pure il Foglio. Sia come sia, non possiamo continuare a camminare sulla punta dei piedi per non rompere le uova e non calpestare le cacche degli storni. Come fanno Letta, Napolitano, Epifani, Bersani e Cuperlo, e pure Renzi, che vede la sua stella affievolirsi.

Roma ha bisogno di una politica di sinistra almeno quanto quella del Papa. Roma ha bisogno di vecchietti coraggiosi e non di pavidi diversamente giovani. Ha bisogno di gente che quando incontra, per la strada o in televisione quei tipi vocianti “Politici, Vergogna!”, gentilmente gli chieda: “Senti, ma tu le paghi le tasse, la dai la ricevuta fiscale, e quel permesso da handicappato con cui giri per Roma, come lo hai ottenuto?”.

Io scelgo Civati, spero che lo faccia anche Barca. Perché i gruppi dirigenti post comunisti, post socialisti e democristiani sono rimasti frastornati dal bombardamento degli storni e un Partito democratico deve ancora nascere.

Da corradinomineo.it


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