Datagate USA: le “mezze verità” di Obama

0 0

Una sottile linea rossa lega, a 50 anni di distanza, i due simboli della democrazia americana: John F. Kennedy e Barack Obama. Non solo i loro discorsi davanti alla Porta di Magdeburgo nella Berlino oggi liberata dall’oppressione della Guerra fredda e lanciata verso un futuro di splendori, rispetto a quella Berlino del ‘63 grigia e divisa, sanguinante per le libertà compresse dallo “stivale sovietico”. Allora come oggi, due simboli , due icone del movimento progressista mondiale, dalle cui amministrazioni i popoli europei e  non solo si attendevano e si attendono impulsi per lo sviluppo e la difesa dei diritti fondamentali, si sono dimostrate invece due incredibili delusioni. Kennedy, nonostante gli slanci immaginifici e di sostegno ai diritti civili contenuti nel suo programma per una “Nuova Frontiera”, diede il là ad una politica estera aggressiva controla Cubadi Castro e il Vietnam del Nord, che poi continuò e si estese con il suo successore il democratico texano Lyndon B. Johnson. Grazie alla sua amministrazione, si espanse anche il dominio oppressivo ed invasivo della FBI diretta dal razzista e reazionario J. Edgar Hoover, colui che organizzò il più vasto programma di controllo, infiltrazioni e spionaggio interno contro i movimenti alternativi e per i diritti civili dal nome Cointelpro (Counter Intelligence Program), l’antesignano del moderno Prism. Va ricordato, ad onor di storia, che proprio grazie ai suoi metodi, poi ritenuti illegali, fu possibile negli anni Cinquanta portare avanti la famigerata “Caccia alle streghe” dei processi del “maccartismo”.

Ora ci risiamo, Obama, e con lui le massime autorità dal Ministro della Giustizia, dell’FBI, della NSA e della CIA, cercano di giustificare l’uso dei “Megadati” e del sistema Prism davanti all’opinione pubblica mondiale e nelle varie commissioni del Senato e del Congresso Usa che, allarmate dalle rivelazioni scioccanti del giovane analista della NSA Edward Snowden, vorrebbero fare chiarezza sul Cyberspionaggio, e rassicurare l’opinione pubblica inquieta.

Adesso, per calmare le acque e giustificare il proprio operato, Obama e i suoi più stretti collaboratori si sottopongono ad un tour de force raccontando la favola dei 50 attentati scongiurati dall’uso adeguato di questo sistema di spionaggio capillare: uno controla Borsadi Wall Street a New York, un altro alla metropolitana della Grande Mela, un altro ancora ordito contro il giornale danese che aveva pubblicato i fumetti satirici contro Maometto. Sarà, ma questo sistema fantasmagorico deve aver fatto cilecca varie volte, visto che molti attentati, organizzati sempre da gruppi fondamentalisti islamici, sono stati portati a termine in zone calde come in Afghanistan, Pakistan e India. E che dire delle  stragi alla stazione ferroviaria di Madrid (11 marzo 2004, 191 morti), alla metropolitana di Londra (7 luglio 2005, 55 morti) e le bombe alla Maratona di Boston (15 aprile 2013, ad opera di due fratelli di origine cecena, che provocò 3 morti e 260 feriti) ?

Dove erano i solerti e “ipertestuali” investigatori della NSA, dell’FBI, della CIA? Forse stavano giocando alla terza guerra mondiale con i loro computer superpotenti oppure erano immersi da Avatar in spericolati giochi web alla Second Life?
Purtroppo il terrorismo è un pericolo reale e diffuso, il più delle volte ammantato da giustificazioni religiose fondamentaliste islamiche. Ma stando agli analisti inglesi e americani, esperti di intelligence, siamo di fronte soprattutto a “lone wolfs” a “Lupi Solitari”, a micro cellule separate da organizzazioni più grandi e conosciute e, proprio per questo, più difficili da tenere sotto controllo e neutralizzare. Il terrorismo paramilitare, guerrigliero, opera essenzialmente nelle zone calde, dove sono già in corso azioni di guerra, nelle quali eserciti occidentali, alleati con gli armati regolari del luogo si fronteggiano con le forze irregolari dell’integralismo religioso.

Non si spiega allora, se questo è lo scenario del “confronto armato” tra civiltà, tra libertà e oscurantismo, l’Occidente più avanzato, guidato dagli USA, debba ricorrere a forme di controllo invasive della privacy e della libera circolazione delle idee attraverso l’interscambio di informazioni su centinaia di milioni di cittadini ignari.
Due immensi pericoli, insomma, si addensano in Europa e negli Stati Uniti sui diritti fondamentali di noi tutti: quella alla riservatezza dei dati personali e quello alla libertà d’informazione, allo scambio delle comunicazioni. Questi moderni “diritti di Rete” si basano sulla diffusione di massa di tecnologie altamente sofisticate, che permettono a tutti di comunicare ovunque e con chiunque nel mondo e di essere informati in ogni istante di quanto accade nel grande villaggio globalizzato.

Lo scandalo dello spionaggio, e non solo, della raccolta dei “mega-dati” da parte della NSA americana e dell’uso del sistema Prism per mettere sotto controllo telefoni, computer, banche, settori interi della società civile, finanziaria e scientifica e i media rischia di restare relegato tra gli addetti al lavoro, le Authority e alcuni movimenti che da sempre si battono per la tutela della privacy, oltre che per la liberta della Rete e dell’informazione.
C’è purtroppo una sorta di sudditanza politica e culturale nei confronti dell’amministrazione democratica Obama, che frena i partiti liberaldemocratici e socialdemocratici europei ad alzare la voce e a chiedere con determinazione lo stop a queste nuove e sofisticate forme di Cyberspionaggio. “Fare luce” non basta!

Occorre codificare a livello ONU e Unione Europea regole standard, stringenti, che facciano coabitare il diritto alla privacy, alla libera circolazione delle idee, con la sacrosanta esigenza di difendere l’Occidente da qualsivoglia attentato terroristico. Creare quindi un’Agenzia sovranazionale, che abbia i poteri di un’Alta Corte di Giustizia, cui poter ricorrere ogni volta si palesano violazioni da parte degli apparati speciali dello stato nei confronti dei cittadini.

E comunque, ancora non si è sopito il “Datagate”, che subito se ne apre un altro: il “Dronegate”, ovvero l’uso degli aerei spia teleguidati, i droni appunto, che verrebbero utilizzati anche sul suolo americano per spiare e seguire i trafficanti di droga, armi, tabacco, alcool e esseri umani al confine tra Messico e USA. Obama aveva smentito a marzo un uso sul territorio americano dei droni militari e soprattutto aveva assicurato che “mai sarebbe stato utilizzato per colpire americani”. Ora alla Commissione giustizia del Senato si scopre che sono in arrivo entro ottobre 2015 alcune migliaia di droni per uso “non militare”, ma che potranno seguire, intercettare, riprendere e controllare persone, mezzi e soprattutto comunicazioni wi-fi. La surreale giustificazione avanzata dalle autorità della CIA e del ministero della Giustizia è che questi droni, comunque, non potranno mai sparare su cittadini americani “non combattenti” sul suolo degli Stati Uniti.


Iscriviti alla Newsletter di Articolo21