Giornalismo sotto attacco in Italia

Un governo termine, ma quale?

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Se si seguono, per lavoro o per diletto,i quotidiani europei dal francese e molto autorevole Le Monde,al tedesco Die Tageszeitung,al danese Jylands-Posten,ancora al quotidiano economico francese Les Echos,al belga La libre Belgique ,ancora al tedesco Suddeutche Zeitung e  allo spagnolo El Pais si può cogliere  una sensazione non equivoca che, nei giorni scorsi ,con toni e per così dire intenzioni differenti , è stato possibile trovare con chiarezza  su due quotidiani del nostro bel paese:la Repubblica di Ezio Mauro e Il fatto quotidiano di Antonio Padellaro.

Con differenze di tono e di accento-questo è chiaro-ma con giudizi che, nella sostanza, non sono poi così diversi. Gran parte dei quotidiani europei-e in parte lo fanno anche il fatto quotidiano e  la Repubblica-prende atto di un elemento ormai evidenti :se le elezioni del 24-25 febbraio 2013  hanno registrato la sorpresa del M5S di Beppe  Grillo che ha ottenuto milioni di voti non messi in conto da nessuno degli avversari, il dopo-elezioni ha segnato il ritorno di Berlusconi che- come ripete fino alla nausea,il nuovo vice-capo del PDL,l’economista veneto Brunetta-è in grado di staccare la spina quando vuole al governo Letta.

Un governo imbottito dei suoi ministri a cominciare dal vice-presidente del Consiglio e  ministro dell’Interno( con il controllo dei servizi segreti,se si seguisse la prassi seguita nel settantennio repubblicano)Angelino Alfano e a finire con Gaetano Quagliariello,ammiratore storico di Charles De Gaulle. Ho seguito con attenzione di osservatore e sostenitore da sempre della coalizione di centro-sinistra la formazione del nuovo governo,voluto prima di tutto dal presidente Napolitano e poi dagli stati maggiori dei due maggiori partiti italiani e ho letto l’ambizioso programma che il presidente del Consiglio ha letto in parlamento ed è andato a spiegare nelle capitali straniere.

Il giudizio che mi viene spontaneo: ci vorranno alcuni anni,forse più di una legislatura per realizzarlo,sia perchè la crisi economica non è stata ancora superata e non sappiamo quando sarà alle nostre spalle, sia perchè gli interessi da battere o da conciliare saranno tutt’altro che fragili o deboli. E c’è da chiedersi se il convitato di pietra che sorveglia il traffico,l’uomo di Arcore,interverrà quando saranno realizzate le riforme più importanti e significative o staccherà la spina appena sarà convinto che un nuovo scontro elettorale potrà esser vinto dal centro-destra di cui resta ancora il capo indiscusso?

Non è facile a rispondere a un simile interrogativo per due ragioni essenziali.La prima è che il Partito democratico attraversa una crisi molto grave che non potrà essere  risolta in pochi giorni o settimane o attraverso un congresso straordinario come quello che si prevede nel prossimo giugno.Le posizioni interne sono particolarmente divaricate e le scelte del leader tutt’altro che scontate. La seconda è che nel PD manca ormai una posizione chiaramente di sinistra o meglio si incarna nella posizione personale di Barca che sa di non poter rappresentare la maggioranza del partito e c’è quindi il rischio oggi come oggi di un tentativo di compromesso e di mediazione che non è facile da realizzare. Insomma,Berlusconi si troverebbe nelle prossime elezioni di fronte a un avversario attraverso da forti dissidi interni.

Di qui il vantaggio del leader populista e il pericolo costituito dal suo potere di staccare la spina.Mi auguro che il centro-sinistra,ovvero le forze che si oppongono al populismo berlusconiano, abbiano chiara le difficoltà attuali e sappiano come operare.


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