Il Vaticano blocca la delegazione per Damasco

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Stop all’ultimo momento: i cardinali del Papa non vanno più a Damasco. Troppo sangue in Libano e in Siria. Ma il viaggio “resta allo studio”. La lobby filo-regime forte anche nei sacri palazzi. La Chiesa però è divisa.

Di Francesco Peloso
Il rinvio della missione e l’attentato di Beirut
A causa dei recenti e gravissimi attentati che hanno scosso il Libano e la Siria la missione vaticana in Siria è stata rinviata anche se non annullata, la sua realizzazione è ancora “allo studio”. Questa la formula scelta dal Vaticano per dire che no, il nutrito drappello di vescovi e cardinali appartenenti alla Curia e a diversi Paesi, per ora non partirà per la Siria dopo che il suo invio era stato annunciato la settimana scorsa al Sinodo dal Segretario di Stato Tarcisio Bertone. Il comunicato ufficiale parla di missione ancora in preparazione ma il direttore della Sala stampa della Santa Sede Federico Lombardi, ha fatto anche capire che ora tutto dipende “dalla situazione che si è creata”. Il sangue versato a Beirut e poi a Damasco, le bombe e le decine di morti, hanno imposto una pausa di riflessione.

Soprattutto è stato decisivo ne dare il colpo di freno, l’attentato di Beirut dove ha perso la vita il capo dell’intelligence Wissam al Hassan che si opponeva alla penetrazione del regime di Assad in Libano e al ruolo preponderante delle milizie filo siriane di Assad. Il capo dell’intelligence ricoperto un ruolo di primo piano nell’arresto, il 9 agosto scorso, dell’ex ministro libanese Michel Samaha, un sostenitore del regime siriano, nel quadro di una vicenda di sequestro di esplosivi destinati al nord del Libano. Non solo: al Hassan aveva svelato le responsabilità della Siria nell’omicidio dell’ex premier libanese Rafiq Hariri avvenuto nel 2005.

La Chiesa maronita divisa al suo interno
Nelle ore successive all’attentato di venerdì scorso, fonti di stampa indipendente e diverse fonti libanesi convergevano nell’attribuzione dell’attentato alla Siria di Assad nel tentativo, più o meno disperato, di allargare il conflitto a tutta la regione. Anche l’arcivescovo di Beirut, il maronita Paul Youssef Matar, alla Radio Vaticana, affermava: “Noi cerchiamo di lavorare perché il nostro Paese non sia coinvolto in quello che sta accadendo in Siria, ma ci sono persone che vogliono invece spingerlo nella guerra, ci vuole tanta saggezza, tanta forza per salvare questo nostro Paese”. Nelle stesse ore il capo della Chiesa maronita, il patriarca Beshara Rai, in Italia per il sinodo generale dei vescovi, si guardava bene dal prendere una simile posizione, preferiva occuparsi di nuova evangelizzazione.

L’attentato di Beirut però metteva in imbarazzo la Santa Sede anche per un altro motivo: il recente viaggio del Papa in Libano con il suo messaggio di convivenza e di pace, veniva frantumato senza ritegno dai servizi siriani e dai loro alleati mentre i patriarchi cattolici propagandavano il modello siriano come esempio di pace e di crescita civile per tutta la regione. Era un po’ troppo anche per il Vaticano.

I ‘rappresentanti’ ecclesiali di Assad
Due ’emissari’ di Assad, il Patriarca di Antiochia e tutto l’Oriente, Gregorios III Laham e suor Suor Mariam de la Croix oltre agli altri vescovi cattolici siriani, hanno lanciato in queste settimane una controffensiva ideologica e diplomatica cercando d spostare la Santa Sede su posizioni filo-assadiane mascherate da un presunto quanto improbabile tentativo di ‘riconciliazione’. In qeust’opera non sono soli: ancora oggi anche un’autorità importante in Medio Oriente come il patriarca di Gerusalemme monsignor Fouad Twal, ha parlato degli innumerevoli mercenari che combattono il regime di Damasco in Siria. Se fosse così davvero, l’insurrezione avrebbe già avuto successo. Dimenticati i pasdaran iraniani e gli hezbollah libanesi che sono schierati – pubblicamente – con l’esercito del regime. En passant va ricordato che sabato scorso era stato lo stesso Gregorios ad annunciare la partenza della delegazione vaticana per la Siria per martedì 23.

La riconciliazione di cui si parla, va ribadito per l’ennesima volta, è solo un modo tortuoso, un bluff, un trucco linguistico e ideologico, per mantenere al potere una dittatura impresentabile, responsabile di atrocità senza fine, le cui torture e i massacri sono stati documentati ormai innumerevoli volte da numerosi organismi internazionali, non ultime le Nazioni Unite. Dunque la rinuncia momentanea della Santa Sede va vista in un quadro più generale. Una delegazione vaticana d’alto livello – diversi cardinali e rappresentanti della Segreteria di Stato – poteva incontrare in Siria i rappresentanti di un regime sanguinario e fornire quindi ulteriore copertura alle strategie di Assad? All’ultimo momento Oltretevere hanno deciso di fermare, per ora, tutto. A meno che la delegazione non comprenda nel suo programma anche una visita, per esempio, ai campi profughi nei vari Paesi confinanti con la Siria per ascoltare dalle voci di quanti sono fuggiti il racconto dell’orrore e per dirlo, di nuovo, al mondo.

I filo-assadiani in Vaticano
Ma dalle parti del Vaticano per ora non riescono a mettere in piedi una strategia ragionevole né sulla Siria né sulla Primavera araba nel suo insieme. La Segreteria di Stato, da tempo debole ed esposta alle crisi più gravi che hanno colpito la Chiesa da molto tempo a questa parte, non pare in grado di prendere decisioni tanto gravi. Per altro in Vaticano l’ala che per comodità chiameremo filo-assadiana è forte. Di ‘riconciliazione’ parla un giorno sì e l’altro pure, la congregazione per l’evangelizzazione dei popoli, molto vicina ai vescovi filo-regime, ignora i massacri e le stragi compiute dall’esercito. Il cardinale che la dirige è Fernando Filoni, ex nunzio a Baghad e ora prefetto di Propagada fide. Su posizioni simili il ghanese Peter Turkson presidente del Pontificio consiglio giustizia e pace, che vede nella penetrazione islamica in Africa en le Medio Oriente il vero grande nemico della Chiesa (curiosamente i vescovi della Nigeria che pure si confrontano con violenze interreligiose terribili fra cristiani e musulmani, la pensano assai diversamente). Silenzioso, ma mai a sostegno delle rivoluzioni arabe, è il cardinale Leonardo Sandri, prefetto dell’importante congregazione delle chiese orientali.

Tuttavia va rilevato che nel gruppo di alti prelati incaricati della missione siriana dal Papa, figurava il nome di un uomo di indubbia esperienza come il cardinale Jean-Louis Tauran, ex ministro degli esteri vaticano e ora presidente del Pontificio consiglio per il dialogo interreligioso. E’ possibile che la sua parola in queste ultime ore abbia avuto un certo peso nell’imporre una riflessione ulteriore.

Il fronte opposto
Sul fronte opposto, in questi mesi, si sono battuti uomini come il gesuita Paolo Dall’Oglio che la stampa francese ha definito anche “il portavoce della rivoluzione”, espulso dal regime di Assad dopo trent’anni di lavoro in Siria. Quindi il nunzio apostolico Mario Zenari, fra i primi a denunciare, nonostante la delicatezza del proprio ruolo diplomatico, le violazioni dei diritti umani da parte del regime. Molti vescovi del Maghreb si sono trovati sulle stesse posizioni, ricordiamo fra gli altri l’ex vescovo di Tunisi e ora vescovo ad Amman in Giordania, Maroun Lahham, ancora importanti sono state, su un piano generale, le posizioni assunte da monsignor Michael Louis Fitzgerald.

Vedremo ora che accadrà nei prossimi giorni, se la spedizioni di pace vaticana diventerà qualcosa di serio e credibile o rimarrà, penosamente, alla stregua di una visita di facciata durante la quale i cardinali incontreranno qualche esponente di minor rango del regime. Certo è che, dopo 30mila morti, inaudite violenze, la Chiesa cattolica poteva dire una parola di giustizia in più.

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