“La laurea albanese”, quando al peggio non c’è limite

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Questa,confesso, mi mancava. Nella mia lunga esperienza di studioso e  politico, non mi era mai capitato che leggessi, o venissi a sapere, del figlio di un leader nazionale di partito che andasse a prendere una laurea in un paese povero e comunque  privo di una cultura adeguata, avendo dimostrato l’incapacità di ottenerla in Italia. Eppure nel nostro paese -prima o dopo l’Unità nazionale – ne abbiamo viste di tutte i colori, senza eccezione alcuna.
Ma quello che ha dovuto alla fine ammettere Renzo Bossi -più noto ai media con l’appellativo di Trota- merita ancora  qualche commento.

Il padre, Umberto Bossi, è ormai conciato male, ridotto al punto miserevole  di essere fischiato persino ai comizi di Crema e di altre piccole città  della Lombardia, e i litigi nella Lega Nord per la scelta del nuovo segretario, che sarà ormai con tutta probabilità Roberto Maroni,  si succedono ormai di continuo e rischiano di portare -se non alla morte- sicuramente al forte ridimensionamento nelle prossime elezioni  della formazione scissionista  padana che pure  è tra i pochi oppositori della destra costituzionale di Monti, insieme con i populisti di Di Pietro e la sinistra di Vendola.

Ma il Trota era diventato popolare tra i media, disperatamente alla ricerca di qualche giovane -sia pure pure di dubbia intelligenza e  cultura- nell’orgia di cinismo, e insieme di desiderio di novità, che anima giornali e televisioni in questo lungo tramonto di una repubblica che molti chiamano seconda o terza , senza voler ammettere il declino complessivo  che affligge  in questi anni un’Italia che presenta classi dirigenti corrotte e poco preparate, masse popolari disperatamente alla ricerca di nuovi leader e una palude di personaggi poco credibili che ancora occupano la scena in mancanza di meglio. E quasi nessuno pensa che la laurea albanese e le altre imprese del piccolo Bossi possano aver avuto luogo senza la forte complicità del padre e del “cerchio magico” che lo ha circondato in questi anni.

Si tratta, dunque, con ogni probabilità ,di un progetto di ascesa politica, sorretto dalla volontà del “senatur” e dei suoi più diretti collaboratori, di fronte alla scarsa possibilità che altri figli di Bossi potessero ricoprire quel ruolo. E se le cose stanno così c’è da chiedersi fino a che punto la classe politica sia disposta a fare pur di seguire l’ondata populistica e personalistica che ha investito il nostro paese con l’avvento al potere di Berlusconi nel 1994 e ha percorso con qualche trascurabile intervallo l’ultimo ventennio della nostra storia nazionale. Qui la menzogna e gli intrallazzi per favorire la carriera di un giovane, a quanto pare poco dotato sul piano intellettuale, assumono aspetti grotteschi e quasi incredibili ed il peggio è forse che nulla sarebbe divenuto noto agli osservatori e ai militanti se un complesso di circostanze non avesse condotto alla crisi attuale e al cambio di incarichi che sta avvenendo ora.
Il bello -o brutto- scegliete voi, è che proprio qualche ora fa, l’attuale, screditato parlamento di nominati ha rinviato, e per l’ennesima volta, il passo avanti richiesto per varare un sistema elettorale decente che dia agli italiani la possibilità di scegliere nelle elezioni politiche dell’anno prossimo sulla base dei tre requisiti fondamentali -onestà, meriti, competenze- i candidati a rappresentarci nella prossima assemblea legislativa.

C’è da sperare che la legge elettorale che aspettiamo possa essere approvata entro i prossimi mesi e comunque in tempo per la scadenza elettorale prevedibile?
E’ difficile dare una risposta sicura all’interrogativo ma i segni non sono positivi ed episodi come quello della laurea albanese del Trota o degli scandali continui che colpiscono componenti dei partiti e della classe politica, come l’ex tesoriere della Margherita, non fanno essere ottimisti. Leggo di continuo sui giornali di vario colore che si preparano grandi novità ma è più facile scoprire nuovi, e poco edificanti, retroscena che atti chiari e univoci nella direzione di un effettivo rinnovamento delle forze politiche.


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