Assenteismo e rigore

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L’assenteismo è un comportamento gravemente antisociale. Darsi malati o timbrare il cartellino altrui significa degradare il salario a rendita parassitaria. Non solo, ma nel caso di malattie fittizie, si danneggiano istituti di tutela – come la retribuzione del lavoratore con problemi di salute – costati lotte e sacrifici, con il rischio che gli abusi facciano diventare non più sostenibili i costi di questa garanzia. Quindi, non ho alcun problema ad accettare una stretta verso chi viene colto in flagranza di reato.

Ciò detto, mi aspetto che il rigore sia adottato anche per gli statali verso i quali si tollera un assenteismo di ben due giorni a settimana: i parlamentari. Che non si presentano al lavoro il lunedì, spesso il martedì mattina e il venerdì alle due scappano con trolley, per avere un fine settimana clamorosamente lungo. Una volta, si giustificavano dicendo che dovevano usare questi giorni per curare il collegio. Ma oggi, che sono tutti nominati dalle segreterie (e lo saranno di più con l’Italicum) e non scelti dagli elettori, questa esigenza non c’è più, ma rimane la settimana “cortissima”. Non solo, ci sono anche quelli che si fanno spingere il bottone della votazione dagli amici mentre sono assenti. Allora, anche per i “pianisti” colti in flagranza dovrebbe valere la sospensione dallo stipendio e dalla funzione in 48 ore, salvo esito giudiziale.
Insomma, o il rigore parte dall’alto o diventa populismo disciplinare.

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