Uranio impoverito. Dodici anni dopo il tribunale condanna il ministero della Difesa

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Si chiamava Andrea Intonaci, originario di Martano, vicino Lecce. Intonaci era un sergente maggiore; con le forze NATO Andrea partecipa alla missione di pace a Sarajevo. Il 12 dicembre 2000, dodici anni fa, a soli 26 anni, Andrea muore, nell’ospedale di Firenze a causa di un linfoma di Hodgkin, contratto in seguito all’esposizione all’uranio impoverito. E’ un tremendo veleno l’uranio 238, usato negli armamenti in dotazione alle forze NATO. Armamenti che uccidono il nemico, ma subdolamente anche l’amico.

Dopo la morte di Andrea, il ministro della Difesa di allora, Sergio Mattarella sostiene che l’Italia non era stata informata sull’uso di uranio impoverito nei Balcani da parte degli Alleati e le conseguenze. Mattarella viene smentito dalla stessa Nato: l’Italia, fanno sapere i comandi dell’Alleanza, sapeva dell’uso di quel particolare tipo di proiettili, non solo nella ex Jugoslavia, ma anche nei poligoni di addestramento della Sardegna, a Quirra e dintorni.
Quella di Andrea è una storia analoga a molti militari. I morti per tumori e leucemie che hanno in comune la presenza di particelle di metalli pesanti sono più di duecento, quelli ammalati superano i duemila. E’ una brutta storia, questa storia della delle vittime dell’uranio impoverito. Nonostante le innumerevoli interrogazioni presentate dai parlamentari radicali e da quelli di altri gruppi politici c’è un brutto clima di omertà, di complice silenzio.

Un fatto è comunque sicuro: tra i soldati che hanno prestato servizio in Kosovo e in Bosnia si registra una inquietante aumento dei tumori, un aumento decisamente fuori la “norma”.
La questione si trascina da 15 anni. Riguarda anche i militari di altri paesi della NATO che hanno prestato servizio in Kosovo e in Bosnia; e non sappiamo, non potremo mai sapere, quante vittime questo veleno ha provocato tra le popolazioni civili di questi paesi, anche loro esposte al veleno. Eppure ancora non esiste un trattato internazionale che metta al bando i proiettili all’uranio impoverito. I vertici militari e il ministero della Difesa da parte loro oppongono uno sconcertante e impenetrabile muro di silenzio e di omertà. Si capisce.

Questi ragazzi e le loro famiglie, da anni, chiedono giustizia e verità. Le indennità concesse, le sentenze di condanne come quella emessa dal tribunale civile di Roma che per il caso di Andrea, ha condannato il ministero della Difesa, a risarcire la famiglia di un milione di euro. Denaro che certo non riporta in vita Andrea, ma è una sentenza importante: dice, nei fatti,  che si sapeva del pericolo letale costituito da quelle armi per chi le usava, non solo contro chi erano rivolte. Eppure, pur sapendolo, c’è chi ha deciso di mandare Andrea e tanti come lui, a morire in modo così atroce.


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