Terrore self(ie) control

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Con buona pace (guerra) di quelli ancora  fermi al “Je suis…” intriso di supposte coraggiose sensibilità e  –pourquoi pas- reminiscenze per il cartesiano penso dunque sono,  après Bruxelles la sensazione d’essere solo più intrisi di supposte e basta, è forte. Bruxelles è stata cronistoria, invero mordi e fuggi, di “appaio dunque sono” (video/fermi immagine/foto farlocchi e/o esercitazioni ante,  anti qualcosa su cui si sarebbe lavorato dopo il terrore: cfr. cronaca): solo i morti subito, immediatamente dopo, i gravissimi da ustioni, i feriti terrorizzati sono autentici, ma quelli se li fila nessuno ché ci vorrebbero i cuori di mamma Regeni, prima di lei mamma Alpi e Aldrovandi (tanto per fare tre nomi a caso), per lavorare a esclusivo scopo di capire veramente la verità dei fatti e soprattutto come e perché sono accaduti e probabilmente perciò, senza quelle determinate volontà di comprendere,  ancora potrebbero accadere…

La domanda, dunque, è severa, inquietante: siamo diventati  anche noi che “stiamo da questa parte” danni collaterali come quelli che almeno da 15 anni ci propinano a seguito delle missioni di pace che si fanno laggiù, distanti assai da noi?

Ma no! A livello nazionale la nostra sicurezza è certificata in primis da Salvini, sì mediaticamente trend negli ultimi tempi, che si scatena in ogni posa e dove selfivici (primo fra tutti a Bruxelles appunto: chi fa da self fa per tre, già ce lo insegnò lo Renzi il munifico).  E poi, vogliamo mettere Mustafà dirottatore su Cipro, così ambito da hostess e passeggeri dirottati che con lui avvolto da cintura esplosiva (vera o fasulla chi se ne frega), si selfizzano sorridenti?

Roba che, a ben pensare, renderebbe eroe il pilota fuggito dal finestrino…    


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