Con “Una tranquilla vita da vulcano” Sara De Simone ci regala una preziosa, intensa e arricchente biografia di Emily Dickinson, riattraversando i passaggi fondamentali della sua vita col chiaro intento di restituire una più autentica fisionomia della poeta: “La storia che si è tentato di raccontare qui è quella di Emily Dickinson, viva, ardente, ostinata, attiva. Non quella dell’esangue poetessa reclusa nella casa del padre, che cammina a passi leggeri, sfiorando il pavimento con la sua tunica virginale, lontana dagli occhi del mondo. Né quella del “mito” di cui le faide familiari hanno cercato di impossessarsi o che hanno provato a difendere, di generazione in generazione”.
Emily Elizabeth Dickinson nasce il 10 dicembre 1830 ad Amherst, nel Massachusetts occidentale, nella prima casa di mattoni della città costruita dal nonno, l’avvocato Samuel Fowler Dickinson, discendente dei primi coloni puritani che erano giunti in quelle terre. Figura interessante il nonno, avvocato di successo, uomo di cultura e figura centrale nella vita politica della città, egli crede fermamente nell’importanza dell’istruzione, che ritiene necessario aprire anche alle donne. Fonda nel 1814 l’Amherst Academy, la scuola che frequenteranno anche i suoi nipoti e in seguito l’Amherst College, che ancora oggi dà prestigio alla città. E’ così forte l’impegno culturale ed economico di Samuel in questa impresa che negli anni Trenta dell’Ottocento per questo va in bancarotta e dovrà vendere la casa, che solo nel 1885 il figlio Edward, padre di Emily, riuscirà a ricomprare. Edward sarà molto diverso dal padre: prudente, assennato fino a una certa cupezza, molto apprensivo verso i figli, specialmente per le femmine, Emily e Lavinia che , pur disponendo di una certa libertà di movimento, sentiranno sempre su di sé l’attenzione paterna. De Simone cerca anche di rendere un po’ di giustizia alla figura della madre della poeta, Emily Norcross, che ci è stata raccontata per lo più come una donna di salute cagionevole, ansiosa, soggetta a cadute depressive e poco incline a manifestazioni di affetto verso i figli.
L’autrice ci ricorda che a scuola si era distinta negli studi scientifici, nel disegno e nella produzione di apprezzabili acquerelli. Ad Amherst era nota per le sue composizioni floreali e per le sue notevoli abilità di giardiniera. Ma diverse circostanze avevano pesato probabilmente sulle sue fragilità: dopo il matrimonio, che aveva accettato con una certa titubanza, aveva dovuto affrontare una difficile convivenza con i suoceri, già in crisi economica, in una città per lei nuova e aveva dovuto partorire tre figli in meno di cinque anni. Proprio a causa della sua depressione post partum, la piccola Emily a due anni andrà a Monson dalla giovane, vivace e volitiva zia Lavinia, affrontando il primo dei suoi trasferimenti più o meno brevi in altre città, che nella sua vita furono più numerosi di quanto generalmente si crede. Dopo un mese felice la piccola Emily torna a casa dove con i fratelli, Austin e Lavinia, stabilisce rapporti sempre più vicini: i tre sono legati da un affetto dai tratti a volte simbiotici che durerà tutta la vita. Quando Emily ha sei anni e mezzo e Austin otto e mezzo frequentano insieme la scuola di North Pleasant Sreet dove impareranno molto di più delle nozioni di base, del resto Emily ha già dimostrato una grande avidità nella lettura. La religione comunque è uno degli assi portanti dell’educazione dei piccoli Dickinson sia a casa che a scuola, ma Emily svilupperà presto un suo personale rapporto con la religione tanto che, adolescente, una volta per sottrarsi alle noiose e a suo parere inutili funzioni religiose si nasconderà in cantina e verrà ritrovata intenta a leggere solo nel tardo pomeriggio dalla sorella. Emily frequenta per sette anni la Amherst Academy dove si distingue come un’allieva riflessiva, brillante, di salute un po’ cagionevole, ma anche vivace e carismatica nel gruppo delle amiche, “The Five”, con le quali vive in quei sette anni stimolanti esperienze, si diploma nel 1847. Frequenta per un solo anno il Mount Holyoke Female Seminary; non è chiaro per quali motivi viene ritirata dalla scuola, sono state fatte diverse ipotesi a proposito di questa interruzione degli studi, tuttavia se si conclude così il suo percorso scolastico non si ferma il suo processo di formazione. La casa paterna è ben fornita di libri, frequentata da persone stimolanti e dai compagni di università di Austin; vi si svolgono feste, serate danzanti, gruppi di lettura, il martedì e il venerdì c’è perfino lo Shakespeare Club, a cui Emily partecipa assiduamente. In questo periodo il padre le regala il grosso terranova, Carlo, che diventerà suo inseparabile compagno di vita e di passeggiate. Fondamentale nella vita di Emily e della famiglia è la conoscenza di una nuova amica, Susan Gilbert, che si è trasferita ad Amherst dopo aver concluso gli studi all’Utica Female Academy nello stato di New York. Susan è spiritosa, brillante, colta, le due coetanee scoprono tra loro molte affinità e si stabilisce tra loro un’amicizia speciale: entrambe amano Shakespeare, George Eliot, le sorelle Bronte e le poesie di Elizabeth Barrett Browning. Susan è orfana e senza dote, ma di spirito indipendente e nel settembre del 1851 parte per Baltimora dove ha accettato un impiego da insegnante di matematica in una scuola femminile. Inizia così lo straordinario carteggio tra Emily e Susan che in forme creative continuerà per tutta la vita. Ma anche Austin, incoraggiato dalla sorella, comincia a scrivere a Susan. Susan tornerà a Amherst per diventare infine nel 1856, non senza riluttanze e indugi, dopo quattro anni di fidanzamento, moglie di Austin, da cui avrà tre figli. De Simone ci racconta come si sviluppa e si ricompone nella sua complessità il rapporto tra i tre, ma ciò che conta ed è significativo è che per Emily, Susan e la poesia sono la stessa cosa tanto che le aveva scritto “Io e te siamo gli unici poeti mentre gli altri sono prosa”.
La prima vera poesia di Emily Dickinson di cui si ha traccia è del 1853 ed è dedicata a Susan “E’ il primo di quasi trecento componimenti inviati, e il più delle volte dedicati a Susan, nell’arco di più di trent’anni di relazione”. In vista del matrimonio di Austin e Susan il padre Edward farà costruire una casa separata dalla sua Homestead solo da una siepe e pochi metri di giardino e sarà chiamata gli “Evergreens”. Grazie alla rispettabilità di Austin e alla sapienza mondana di Susan negli anni tra il 1858 e il 1861 gli Evergreens diventano il punto di riferimento culturale della città. De Simone, citando Marisa Bulgheroni, paragona l’esperienza di Emily agli Evergeens in quegli anni a ciò che avrebbe vissuto Virginia Woolf cinquant’anni più tardi nel gruppo di Bloombury: “ <<una scuola di libertà e di disciplina intellettuale>> in cui scoprirsi <<corpo vivo tra i corpi vivi, mente pensante tra altre menti, libera nell’esercizio dell’esistere e dell’inventarsi senza divieti>>”. Sono anni in cui Emily intreccia diverse relazioni e dice di quel periodo “Bliss is unnatural” e bliss è più che felicità, è beatitudine, estasi. In quegli anni scrive le sue poesie più ardenti, come la famosa Wild Nights che verrà espunta dai primi curatori della prima pubblicazione della sua opera, Mabel Loomis Todd e Thomas W. Higginson, con l’approvazione della sorella Lavinia. Gli anni più intensi agli Evergreens vengono interrotti dallo scoppio della guerra civile, da alcuni lutti e dalla nascita dei figli di Susan e Austin, tuttavia per Emily il rapporto con Susan continua a rimane il più importante della sua vita e sarà ininterrotto fra loro lo scambio di lettere, poesie, confronti. Susan è per Emily musa ispiratrice, come dimostrano le molte poesie a lei dedicate, nonostante la dedica sia stata in seguito cancellata o ignorata dai curatori della sua opera dopo la morte. Dalle pochissime lettere di Susan rimaste e dalle molte di Emily si evince anche che per lei Susan è il suo pubblico di elezione, “una maestra severa” cui sottopone le sue poesie con estrema fiducia nel suo giudizio : “Se mi taglieranno le mani ci troveranno dentro le tue dita” scrive Emily già nel1864. Solo dagli anni Novanta del Novecento studiose come Ellen Louise Hart e Martha Nell Smith hanno reso giustizia all’importanza di questo rapporto per Emily, dopo i molti tentativi di occultarlo o sminuirlo. Nei primi anni Sessanta Emily viene colpita da gravi disturbi alla vista che condizionano fortemente la sua vita per due anni, sarà sottoposta a molte visite, a un rigido regime di riposo, a trattamenti dolorosi; molte sono le ipotesi degli studiosi sull’origine della malattia, ma non si hanno certezze.
Tuttavia nel 1865 i disturbi sono rientrati, ma qualcosa è cambiato per sempre per Emily e dal 1866 comincia a non uscire più da casa e raramente accetterà di vedere amici e conoscenti. Chiusa nella sua camera continuerà a leggere libri e giornali, ad essere informata di tutto, a coltivare la corrispondenza con le sue molte relazioni, ma si dedicherà soprattutto alla sua poesia: “Quello che sappiamo e che è importante ricordare, è che non si trattò di un ritiro dalla vita, contro la vita. Ma in ascolto della vita di una solitudine ricca, fertile, in aperto dialogo col mondo e le sue creature”. Emily continuò a curare il suo giardino, a dialogare con Susan attraverso messaggi, a inviare i suoi dolci speciali ai nipotini, i soli ammessi nella sua stanza. Dopo la sua morte, il 15 maggio 1866, la sorella Lavinia resterà sconvolta dal ritrovamento nella sua stanza di centinaia e centinaia di poesie. Nel suo necrologio Susan scriverà: “La sua rapinosa estasi poetica era come la nota lunga, vibrante, dell’uccello che sentiamo cantare a giugno, nei boschi, a mezzogiorno, ma non riusciamo a vedere”.
