Giornalismo sotto attacco in Italia

“Alberto dovrà trascorrere un secondo Natale rinchiuso in cella?” La lettera della madre di Alberto Trentini a Mestre

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“Non mi do pace. In questi 13 mesi di prigionia, ad Alberto è stata negata la vita e io continuo a sollecitare un intervento incisivo per la sua liberazione e a protestare”. Così Armanda Colusso Trentini, madre del cooperante Alberto detenuto in Venezuela da novembre 2024, in una lettera letta da Ottavia Piccolo nel corso di un incontro a Mestre (Venezia) promosso da Fondazione Pellicani e Articolo 21. Ecco il testo integrale della lettera:
Sono la mamma di Alberto Trentini.
Oggi non posso essere con Voi e sarà una persona di mia fiducia a leggerVi queste poche righe.
Innanzi tutto voglio ringraziarVi per l’impegno che Vi siete assunti di tornare a parlare di Alberto.Per chi non conosce la vicenda racconterò brevemente i fatti.
Mio figlio Alberto era arrivato da pochi giorni in Venezuela per lavorare come cooperante per una ONG e il 15 novembre del 2024, mentre si recava in missione a Guasdualito, é stato fermato e imprigionato senza che ci siano mai state comunicate accuse formali.
E’ ancora in prigione da 13 mesi.

Per me e per la mia famiglia questa situazione é insostenibile. Viviamo con un dolore che ci lacera l’anima.

Non potendo rassegnarci, alla scadenza dell’anno di prigionia di Alberto, dopo parecchi eventi programmati per tenere desta l’attenzione su Alberto, il 15 novembre scorso a Milano, all’anno esatto dall’arresto, con la nostra legale Alessandra Ballerini, abbiamo richiamato la stampa e le reti TV, con la collaborazione dell’Associazione articolo 21, del Comune di Milano, di intellettuali e giornalisti e degli amici che sono molti e sparsi un po’ per il mondo e abbiamo espresso tutta la nostra frustrazione.

Dopo 13 mesi dalla carcerazione dobbiamo fare in modo che tutti i giornali e le reti televisive ne parlino e non dobbiamo permettere che la carcerazione di mio figlio venga giudicata una faccenda che riguarda solo la sua famiglia.
Dobbiamo coinvolgere tutti gli italiani affinché si uniscano alla nostra battaglia per la sua liberazione, perché Alberto é diventato un po’ il figlio di tutti.

Io non mi dò pace. Mio marito non sta bene, ma mi sostiene in questa battaglia.
In questi 13 mesi di prigionia ad Alberto é stata negata la vita e io continuo – e non mi fermerò – a sollecitare un intervento incisivo per la sua liberazione e a protestare.

Mi chiedo – e molti altri lo chiedono – perché non si é colta l’occasione della stretta di mano del nostro Presidente Mattarella con la ministra dell’istruzione venezuelana nell’ottobre scorso a Roma, perché quella era proprio l’occasione da cogliere e proseguire nel dialogo con il Venezuela.
A mio figlio io penso giorno e ogni notte.
C’e chi con leggerezza afferma per tentare di tranquillizzarci che prima o poi lo rilasceranno.
Ma se fosse successo ad un loro figlio come avrebbero agito ?
E quando nasce un nuovo giorno quali saranno i pensieri di Alberto?
io come madre li immagino: non sono sufficienti questi 13 mesi di prigionia? Quanto dovrò rimanere ancora tra le sbarre ? Perché non mi vengono a liberare?

Alla 2^ visita dell’ambasciatore, avvenuta 20 gg. fa, Alberto é apparso più attento e vigile, ma io non mi posso accontentare di questa notizia conoscendo le condizioni terribili del carcere del Rodeo 1.
Io ricordo che il governo svizzero si é recato a Caracas a riprendersi il suo prigioniero e più recentemente anche la Francia é riuscita ad intervenire per liberare il ragazzo francese dopo 5 mesi di prigionia.

E ora che si avvicina il Natale ci viene spontanea questa riflessione: Alberto dovrà trascorrere un secondo Natale rinchiuso in cella ?

Vi ringrazio per la vostra partecipazione e sappiate che io sono con Voi con la mente ed il cuore e torno a ripetere: non dobbiamo arrenderci: Alberto deve tornare a casa!

Armanda Trentini


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