Giornalismo sotto attacco in Italia

Gaza come specchio del mondo: la voce di Montero, Corbyn e Aubry echeggia a Roma

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I tre esponenti della sinistra internazionale al  primo festival de il Manifesto al teatro Palladium tra i lotto rossi e operai della Garbatella

C’è un’aria di resa dei conti nel dibattito internazionale delle sinistre. In un’Europa attraversata da governi di destra, da derive securitarie e da un crescente disincanto verso la politica, tre figure simbolo della sinistra radicale europea — Irene MonteroJeremy Corbyn e Manon Aubry — si ritrovano su un terreno comune: Gaza. Il conflitto israelo-palestinese è diventato il punto di frattura e di ricomposizione di un pensiero progressista che, tra pacifismo e giustizia sociale, cerca un nuovo respiro politico davanti all’“onda nera” dell’autoritarismo globale.

La Spagna, la Gran Bretagna e la Francia, pur diverse per storia e governo, condividono un medesimo smarrimento. In Spagna, la sinistra di Sumar e degli ex Podemos, rappresentata da Irene Montero, combatte contro la normalizzazione della guerra e delle spese militari, mentre l’esecutivo socialista si muove tra ambiguità diplomatiche e timide prese di posizione.
In Gran Bretagna, l’ombra lunga del blairismo e la leadership centrista di Keir Starmer hanno messo ai margini una figura come Jeremy Corbyn, voce coerente del pacifismo socialista e della solidarietà internazionale.
In Francia, Manon Aubry, eurodeputata de La France Insoumise, lotta contro un governo Macron accusato di ipocrisia: capace di riconoscere formalmente lo Stato di Palestina ma complice, con il silenzio e le armi, dell’occupazione e delle stragi.

Irene Montero: “Finché la Palestina non sarà libera”

La ex ministra spagnola non usa mezzi termini: “La Spagna deve fermare l’invio di armamenti a Israele finché la Palestina non sarà libera.” Montero denuncia l’ipocrisia degli accordi economici e militari che continuano a finanziare, di fatto, la colonizzazione illegale e le violazioni del diritto internazionale.
Il suo intervento è un grido contro la logica della militarizzazione: “Ogni euro speso in armi è un euro tolto a sanità, scuola, previdenza. Ora tocca a noi, governi europei, garantire il diritto di autodeterminazione del popolo palestinese.”
Nessuna concessione al linguaggio diplomatico, nessun cedimento alla prudenza. Per Montero, l’unico merito oggi appartiene alla resistenza palestinese, che “merita la sua terra, il suo Stato, la sua libertà”.

Jeremy Corbyn: “Grazie ai popoli che resistono”

Dalla Gran Bretagna arriva la voce più antica e tenace di questa sinistra internazionale. Corbyn, escluso dai laburisti ma non dalla lotta politica, parla di “occupazione israeliana” e di un “popolo di rifugiati a cui è negato perfino il ritorno”.
Denuncia il ruolo dell’ex premier Tony Blair nei processi di pace, definendolo “una disgustosa spartizione del gas e della costa”.
Ma è nei ringraziamenti che il suo messaggio prende forza: “Grazie ai popoli che sono scesi in piazza per Gaza. Hanno bisogno di noi non solo per solidarietà, ma per immaginare insieme un futuro possibile.”
Corbyn, come negli anni di lotta contro l’apartheid e le guerre in Iraq, richiama una responsabilità collettiva: non basta commuoversi, bisogna agire.

Manon Aubry: “Restare dalla parte giusta della Storia”

La voce francese è tagliente, indignata. “Pace? E dove erano questi governi negli ultimi due anni?”, domanda Aubry, accusando apertamente l’Occidente di complicità con “l’orrendo genocidio nella Striscia di Gaza”.
Rivendica la coerenza di chi, in Francia e in Europa, è stato accusato di antisemitismo solo per aver difeso i diritti del popolo palestinese: “Da due anni ci insultano per silenziarci. Ma non arretreremo.”
Il suo discorso è anche un omaggio ai giovani italiani: “Grazie ai ragazzi che scendono in piazza, sono loro la nostra speranza. Le battaglie anticapitaliste, ecologiste e femministe sono la stessa battaglia: quella per la vita.”

Un nuovo fronte morale

In un tempo in cui la sinistra europea sembra divisa tra istituzionalismo e rabbia sociale, la causa palestinese si fa bussola etica e politica. Gaza diventa il nome di una frontiera morale: il luogo in cui si misura la distanza tra le parole e la giustizia, tra la politica dei palazzi e quella delle piazze.

Montero, Corbyn e Aubry non rappresentano solo tre paesi, ma tre voci di un continente che cerca di riconnettere la sinistra alla sua radice internazionalista.
Nel nome di Gaza, chiedono all’Europa di scegliere da che parte stare: con chi opprime, o con chi resiste.


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