Oltre 200 giornalisti palestinesi sono stati uccisi da #Israele a #Gaza. É duro l’atto di accusa su Repubblica di Rita Baroud giornalista di 22 anni uscita dall’inferno della Striscia tre mesi fa. “Ci massacrano dice e voi non fate niente.” Ha ragione, facciamo comunicati, esprimiamo solo parole di condanna e poi ci dimentichiamo del sacrificio di tutti quegli operatori dei media che ogni giorno rischiano la vita dentro la Striscia di Gaza. Giornalisti, cameramen, fotografi. Persone che non piacciono all’esercito israeliano perchè sono lì, unici testimoni, a documentare i continui crimini di guerra compiuti contro i palestinesi su richiesta del governo israeliano. Ogni volta va ricordato che i giornalisti internazionali non possono entrare a Gaza perchè Israele lo vieta. Non vuole occhi scomodi e quelli che ci sono preferisce eliminarli. Siamo ormai arrivati agli omicidi mirati come quello di Anas al Sharif famoso corrispondente di Al Jazeera accusato da Israele di essere un terrorista. Con lui sono morti un altro giornalista Mohammed Qreiqeh, e i cameramen Ibrahim Zaher, Mohammed Noufal e Moamen Aliwa. La loro tenda è stata bombardata,non per errore,ma per scelta.Le prove che fosse un militante di Hamas,come al solito,non sono state mostrate.Il segretario onu Guterres ha chiesto un’inchiesta indipendente. L’account dell’IDF su X accusa al Sharif di essere a capo di un battaglione di Hamas senza portare alcuna evidenza. Per mesi il pubblico di Al Jazeera, che nega tali accuse, lo ha visto lavorare tra le bombe,i feriti e le macerie.La prova migliore che il suo lavoro era quello del reporter di guerra. Se sei un giornalista vero,che si muove in una zona di conflitto, incontri tutti,intervisti tutti e hai rapporti con tutte le parti in campo.Io stessa conservo foto scattate negli anni con rappresentanti di vari gruppi a volte nostri alleati a volte nostri nemici. Qualcuno usando quelle foto potrebbe dire che sono stata una fiancheggiatrice dei più pericolosi integralisti? Non credo proprio! Se si lavora a Gaza si deve per forza parlare anche con Hamas che governa da oltre 20 anni la Striscia. Si parla e si intervista tutti se si è giornalisti responsabili. Altra cosa è lavorare embedded con una parte sola, con un esercito per esempio. A volte non c’è altra scelta se si vuole raccontare un pezzo del fronte. Non c’è niente di male, ma bisogna dichiararlo al pubblico e ai lettori. Far sapere che si è accettato di essere sottoposti a censura , quando si è embedded. Ho visto invece taluni giornalisti/e fare reportage senza nemmeno far sapere di essere embedded. Questo non va bene, è un imbroglio, è pura propaganda, ma è un’altra storia che un giorno racconterò.
