Un’autorevole voce corale si leva forte e chiara per denunciare l’abominio quotidiano perpetrato da Israele a Gaza e per chiedere che l’Europa riconosca la Palestina.
La lettera aperta di 58 ex ambasciatori europei rappresenta un momento imprescindibile nella crisi umanitaria e politica che attraversa Gaza e l’intera regione.
È un richiamo forte, autorevole e chiaro, che invita l’Europa a esercitare il suo ruolo di protagonista e di difensore dei diritti umani, in un momento di straordinaria emergenza e di crisi morale.
“Siamo rimasti sconvolti e indignati dal massacro di israeliani innocenti e dalla presa di ostaggi del 7 ottobre 2023. Oggi, tuttavia, assistiamo all’orribile spettacolo di Israele che compie quotidianamente crimini di atrocità contro il popolo palestinese — soprattutto a Gaza, ma anche nella Cisgiordania” scrivono gli ex diplomatici di alto livello.
Parole che mettono in evidenza come la sofferenza umana non possa essere ridotta a schieramenti o a politiche di propaganda, ma rappresenti un dramma collettivo che chiede giustizia e responsabilità.
L’iniziativa degli ex ambasciatori non nasce dal desiderio di compiacere ideologie o di condannare a priori, ma dall’urgenza di rispondere a una catastrofe umanitaria che si fa sempre più grave: Gaza è ormai al collasso, i bisogni crescono in modo esponenziale, e le risposte tardano a concretizzarsi.
“L’aggravarsi della situazione umanitaria — si sottolinea nella lettera — richiede azioni immediate e concrete, come la sospensione dei trattamenti commerciali privilegiati, la messa al bando delle vendite di armi e beni a doppio uso, nonché sanzioni mirate contro le persone coinvolte nelle atrocità”.
Il riconoscimento dello Stato di Palestina, magari in occasione della conferenza Onu di New York del 28-29 luglio, sarebbe il prerequisito per una soluzione “a due Stati”.
Una decisione che rappresenterebbe un segnale forte di solidarietà internazionale e di impegno per la sovranità e l’autodeterminazione del popolo palestinese.
Certo, potrebbe rivelarsi una semplice scelta simbolica, mentre l’azione politica debba essere più immediata e incisiva.
Ma il riconoscimento è un passo che può favorire un processo di negoziazione, impegno e risoluzione definitiva del conflitto.
Non si tratta di utopia, bensì di un atto di giustizia e di buon senso. La comunità internazionale ha il dovere di agire per mettere fine alle sofferenze, di permettere l’accesso degli aiuti umanitari, di fermare il trasferimento forzato di popolazioni civili e di esercitare pressioni diplomatiche su Israele affinché i crimini di guerra in Gaza e nella Cisgiordania abbiano un prezzo politico e morale.
L’Europa, in quanto attore storico e fondamentale sulla scena internazionale, deve inoltre rinsaldare il suo ruolo di garante dei diritti umani e dello Stato di diritto. La perdita di credibilità, che si evidenzia anche nel recente fallimento di un’azione comune nel Consiglio Affari Esteri, minaccia di compromettere il peso morale e politico dell’Unione. La posizione ambigua, le risposte tardive e l’assenza di azioni concrete rischiano di cancellare decenni di reputazione costruiti sui valori universali.
Come evidenziano le parole degli ex ambasciatori, “l’Unione Europea – a lungo paladina dei diritti umani e dello Stato di diritto – deve agire ora, in nome del diritto internazionale, dell’umanità e della giustizia per il popolo palestinese, o rischiare di perdere la propria credibilità, influenza e autorevolezza morale nel mondo”. È un rischio che non possiamo permetterci, perché le conseguenze di un’Europa silente o in defaillance ricadranno su tutte le popolazioni coinvolte e sulla stabilità stessa della regione.
Di fronte a questa drammatica situazione, l’Europa ha il dovere di fare molto di più. La storia ci insegna che i grandi cambiamenti nascono dal coraggio di prendere decisioni difficili e dalla volontà di sostenere con coerenza i principi di pace, giustizia e solidarietà. Il riconoscimento dello Stato di Palestina, quantomeno come passo simbolico, può essere il primo di una serie di azioni che, insieme ad un cessate il fuoco immediato e a un impegnativo sforzo diplomatico, possono portare a una soluzione sostenibile e giusta che riabiliti i valori fondamentali su cui si fonda l’Unione Europea. Solo così potremo rispettare la nostra coscienza e dimostrare di essere una massa critica capace di incidere in una delle crisi più devastanti del nostro tempo.
