Nel momento in cui l’esercito israeliano arriva a colpire persino la chiesa della Sacra famiglia di Gaza, provocando tre morti e vari feriti, tra cui padre Gabriel Romanelli, reso noto al grande pubblico da papa Francesco (che si collegava con lui ogni sera per sapere come stesse la sua comunità), non c’è più 7 ottobre che tenga. Qui nessuno ha mai giustificato la strage compiuta da Ḥamās né manifestato alcuna simpatia nei confronti della suddetta organizzazione, ma il silenzio complice del governo italiano o, quando va bene, i suoi pigolii non sono più in alcun modo accettabili. Quando si arriva a colpire una chiesa e una comunità che si è sempre battuta in difesa degli ultimi, contro ogni forma di odio, discriminazione e violenza, significa infatti che le vittime sono diventate carnefici. E non ci riferiamo al popolo israeliano ma al suo esecutivo estremista e pericoloso, ormai nelle mani di un gruppo di fondamentalisti disposti a tutto pur di trasformare il Medio Oriente in un campo di battaglia permanente, mettendo nel mirino chiunque si opponga a questo disegno scellerato: dai cronisti, uccisi come mosche affinché il mondo non venga a conoscenza dei crimini perpetrati, agli uomini di chiesa, aggrediti perché per le menti di questo massacro senza fine è inconcepibile che ci sia qualcuno che porta avanti ovunque, persino a Gaza, un’idea di umanità.
Parlarne, parlarne, parlare, dunque, dappertutto e senza requie, con la dovuta rabbia e la necessaria lucidità: questo dev’essere il compito di chi fa informazione. Indignarsi, ancora e ancora, e chiamare le cose con il loro nome, a cominciare dal genocidio in atto.
A padre Romanelli, un “giusto fra le nazioni”, per citare una categoria ebraica che sta a cuore a chiunque abbia le carte in regola per denunciare gli olocausti di ieri e di oggi, giunga infine il nostro messaggio di affetto e solidarietà. Alla sua gente, giunga un abbraccio. A chi ha violato selvaggiamente la sua chiesa, giunga invece tutta la nostra vergogna, anche se sappiamo bene che non saranno mai in grado di vergognarsi di alcunché.
