Giornalismo sotto attacco in Italia

Difesa è anche Pace: e se la difesa non armata rientrasse nel 5% richiesto dalla NATO?

0 0

Si è appena concluso il 24 giugno scorso, presso l’Auditorium Bachelet della Domus Mariae a Roma,  il convegno “Un Ministero della Pace”, promosso da Fondazione Fratelli Tutti, ACLI, Azione Cattolica e altre associazioni, con l’obiettivo di gettare le basi per un Ministero della Pace con, tra gli altri,  un suo Dipartimento per il Difesa non armata e nonviolenta; gli interventi hanno sottolineato come un’organizzazione istituzionale dedicata alla pace renda virtuoso l’investimento nelle strategie non armata e dunque ci poniamo un quesito importante proprio in questa direzione.

Infatti nel dibattito sulla spesa per la difesa, soprattutto alla luce dell’esecrabile impegno assunto dagli Stati membri della NATO a destinare una percentuale del PIL alla sicurezza nazionale (fino al 2% e ora addirittura al 5%), si dà per scontato che questa voce per il 3,5% riguardi esclusivamente le spese militari mentre solo il restante 1,5% per sicurezza “altra” non meglio specificata.

Ma è davvero così? Se guardiamo bene alla luce del diritto europeo e della Costituzione italiana, questa interpretazione restrittiva risulta limitante e, in parte, superata.

Difendere un Paese non significa solo acquistare armi. Significa prevenire le guerre, costruire società resilienti, proteggere i civili in caso di catastrofi e affrontare crisi ibride, come cyber-attacchi, disinformazione, collasso ambientale e flussi migratori forzati. E in questo quadro, le spese per la difesa non armata assumono un ruolo strategico e legittimo, anche all’interno dei vincoli euro-atlantici.

La Costituzione lo permette

La nostra Costituzione, all’art. 52, afferma che “la difesa della Patria è sacro dovere del cittadino”, senza però specificare che tale difesa debba essere armata. Lo ha ribadito anche la Corte Costituzionale, che con la sentenza n. 164/1985 ha riconosciuto piena dignità al servizio civile come forma alternativa al servizio militare. Difendere la Patria può dunque significare anche impegnarsi per la pace, la prevenzione dei conflitti e la sicurezza civile.

L’Unione Europea lo promuove

Anche il diritto europeo apre chiaramente a questa visione. L’articolo 42 del Trattato sull’Unione Europea (TUE) afferma che la politica di sicurezza dell’UE deve basarsi su mezzi sia civili che militari. Questo principio è rafforzato dall’articolo 43, che elenca tra le missioni comuni non solo gli interventi armati, ma anche le missioni umanitarie, la prevenzione dei conflitti e il mantenimento della pace. È evidente che, per Bruxelles, la difesa non coincide con la guerra, ma con un ampio spettro di strumenti, anche non armati.

Non è un caso se la stessa Strategia Globale dell’UE per la politica estera e di sicurezza (2016) chiede investimenti nella “resilienza delle nostre società”, nella “prevenzione dei conflitti” e nella “diplomazia preventiva”. Tutti questi ambiti, che rientrano pienamente nel concetto di difesa integrata, richiedono risorse, formazione e personale, e possono dunque essere finanziati come spese di difesa a tutti gli effetti.

Le missioni civili e la protezione civile

L’Unione, inoltre, ha istituito e rafforzato il Meccanismo di Protezione Civile Europeo (Decisione 1313/2013/UE), che prevede la collaborazione tra Stati membri per rispondere a disastri naturali, pandemie o emergenze umanitarie. Anche queste attività, che proteggono la popolazione in modo diretto, rientrano nel concetto allargato di sicurezza e possono essere considerate parte integrante delle spese per la difesa.

Una sicurezza Umana che parte dai diritti

La Carta dei Diritti Fondamentali dell’UE riconosce, tra gli altri, la libertà di coscienza (art. 10) e il diritto alla dignità umana (art. 1), confermando la legittimità delle scelte nonviolente nella gestione dei conflitti. La Risoluzione ONU 1325/2000, recepita dall’Unione, incoraggia l’adozione di strategie inclusive e non armate nella prevenzione e risoluzione delle guerre, promuovendo la partecipazione delle donne nei processi di pace. Anche queste sono politiche di difesa, e come tali meritano risorse.

Difesa intelligente

Destinare una parte della spesa per la difesa a strumenti non armati non è solo giuridicamente legittimo, ma anche dovuto e strategicamente lungimirante. Non si tratta di sostituire l’esercito con i pacifisti, o di pensare civili che in realtà sono sopposti e funzionali alle forze militari, ma di integrare competenze, valorizzando tutte le modalità di protezione della sicurezza nazionale, incluse quelle basate su cooperazione, prevenzione, mediazione e risposta civile alle emergenze.

In un mondo dove la minaccia non è più solo militare ma anche climatica, digitale, sanitaria e sociale, la difesa non può più essere solo armata. Deve essere anche civile, partecipata e strutturata, e per questo deve ricevere il riconoscimento istituzionale costituzionalmente dovuto – anche economico – che merita.

 


Iscriviti alla Newsletter di Articolo21

Articolo21
Panoramica privacy

Questo sito Web utilizza i cookie in modo che possiamo fornirti la migliore esperienza utente possibile. Le informazioni sui cookie sono memorizzate nel tuo browser ed eseguono funzioni come riconoscerti quando ritorni sul nostro sito Web e aiutare il nostro team a capire quali sezioni del sito Web trovi più interessanti e utili.

This website uses cookies so that we can provide you with the best user experience possible. Cookie information is stored in your browser and performs functions such as recognising you when you return to our website and helping our team to understand which sections of the website you find most interesting and useful.