Giornalismo sotto attacco in Italia

Solo il fato li vinse- Intervista con Franco Ossola

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Suo padre era l’ala sinistra che per anni aveva fatto la fortuna del Grande Torino. Giocava insieme a campioni come Loik, Gabetto e, soprattutto, Valentino Mazzola. Era il Grande Torino, allenato da Egri Erbstein ed esattamente settantacinque anni fa si schiantò, a bordo dell’aereo che lo riportava a casa dal Portogallo, contro il terrapieno della basilica di Superga. Era volato a Lisbona per disputare una partita contro il Benfica in onore di Ferreira, amico di Mazzola. Il tempo era pessimo, la visibilità pressoché inesistente e la tragedia, purtroppo, inevitabile. Insieme allo squadrone granata, persero la vita tre giornalisti: Tosatti, Casalbore e Cavallero. Ai funerali, il 6 maggio, presero parte oltre cinquecentomila persone. Un’intera città si fermò, il dolore era tangibile, la commozione coinvolse l’intero Paese. Altre squadre hanno vinto titoli su titoli, dato spettacolo e fatto innamorare le generazioni che hanno avuto la fortuna di ammirarle, ma nessuna potrà mai eguagliare quel Toro: repubblicano nella battaglia referendaria del 2 giugno ’46, allegro, spensierato, composto da ragazzi normali che si potevano incontrare tranquillamente al bar pur essendo dei fenomeni e umano come solo quell’Italia che provava a lasciarsi alle spalle gli orrori della guerra sapeva essere. Al pari di Coppi e Bartali e degli olimpionici del ’48, rincuorò una Nazione umiliata e sconfitta. Fu il nostro orgoglio collettivo, la nostra gioia in mezzo a tante sofferenze, una speranza concreta di rinascita fra le case diroccate e le città in cui erano ancora tangibili i segni dei bombardamenti alleati.
Quando la squadra batteva la fiacca, il ferroviere Bolmida suonava la tromba, capitan Valentino si rimboccava le maniche e scoccava il quarto d’ora granata. Fioccavano i gol e il pubblico si recava allo stadio anche per vedere se quel miracolo potesse ripetersi. Non deludevano mai.
Franco Ossola, figlio della leggenda, ha dedicato la vita a ricordare suo padre e quei campioni. E ancora oggi custodisce la memoria di quella meraviglia, tramandandola alle nuove generazioni. I risultati, per fortuna, sono sorprendenti.

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