Ronchi dei Legionari, altre cinque pietre d’inciampo al museo diffuso della deportazione

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RONCHI DI LEGIONARI – L’incontro tra generazioni, il posizionamento di altre cinque pietre d’inciampo, lo scoprimento di un cartello che indica
le tappe di un museo diffuso della deportazione, ma anche il ricordo dei tragici rastrellamenti di 80 anni fa. Ronchi dei Legionari, oggi, ha ripercorso pagine di storia importanti. Lo ha fatto attraverso le letture delle testimonianze di alcuni deportati
ronchesi, affidate a Nicola, Rebecca e Leonardo della classe terza A della scuola media Leonardo Da Vinci, guidati dalla professoressa Pasqualina di Gaeta e, poi, con le parole di Mario Candotto, che il prossimo 2 giugno compirà 98 anni, oggi l’unico sopravvissuto dalla devastante esperienza della prigionia a Dachau. L’articolata cerimonia, coordinata dal consigliere comunale Federica Bon,
era iniziata con la sistemazione di 5 pietre d’inciampo, che portano a 38 questi segni che vale la pena scoprire per comprendere quello che fu il sacrificio di tanti ronchesi. Ricordano Antonio Bevilacqua, Salvatore Cossu, Armando Lenardon, Elio Tambarin ed Oreste Zampa. Bevilacqua, partigiano dell’Intendenza Montes, fu ucciso nel luglio del 1944 a Flossemburg, mentre Cossu, nativo della provincia di Nuoro, morì nello stesso campo di concentramento. Lenardon, classe 1914, morì nel gennaio del 1945 ad Uberlingen, mentre Tambarin a Neuengamme. Zampa, classe 1916, morì a Leonberg nell’aprile del 1945. Un percorso della memoria, fatto attraverso nomi, vite, episodi ed epiloghi nefasti che non debbono essere dimenticati. Quindi la cerimonia in piazza Oberdan dove, il 24 maggio del 1944, furono radunati centinaia di ronchesi prima della loro partenza per la Germania. Libero Tardivo, presidente della sezione cittadina dell’Aned, ha posto la sua attenzione all’impegno della città nella lotta contro la tirannia nazifascista, iniziata molto prima del 1943. Rilevanti le parole pronunciate dalla vicepresidente nazionale dell’Aned, Patrizia Del Col. “Questo – ha detto – è un modo importante per dare un segno significativo di tutela della memoria, un modo per trasmetterla alle generazioni future. L’Europa è nata grazie alle persone che hanno patito quell’inferno e l’hanno fatto per conquistare l’equità e la giustizia. La radice morale dell’Europa sta proprio in quelle persone che non vanno dimenticate”. In piazza Oberdan, da oggi, trova posto un elegante pannello. E’ una mappa della città, con i punti dove trovare le pietre ed i nomi delle vittime. Una mappa che andrà aggiornata, di anno in anno. Un impegno concreto dell’amministrazione comunale a coltivare la memoria. ”Quello di oggi – ha detto il sindaco, Mauro Benvenuto – è un atto dovuto per ricordare i nostri concittadini morti nei campi di sterminio.  Tanti, strappati violentemente alle loro case, sono stati deportati e trucidati, uccisi dagli stenti dei lavori forzati o dopo atroci torture per le loro idee di libertà e giustizia. Grazie al loro esempio, all’impegno civile dei pochi ritornati a casa e dei molti che coraggiosamente parteciparono alla lotta di liberazione partigiana, oggi la nostra società è basata sulla Costituzione, un documento che in ogni articolo dichiara il primato della libertà e della giustizia sociale.  Molti deportati al loro rientro non raccontarono le sevizie e le umiliazioni, nel timore di non essere creduti, tanto inimmaginabile fu la violenza subita. Il tempo è una gran medicina per il dolore, l’oblio, ma rimuovere dalla memoria i fatti della storia – ha concluso – non è accettabile in questo contesto. Dobbiamo mantenere vivo il ricordo”.

 


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