Palermo, Caivate e Catania. Il filo rosso che unisce tanti episodi di violenza

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C’è un filo rosso che unisce le storie che hanno riempito le cronache negli ultimi mesi. Palermo, Caivate e Catania. Episodi di violenza sulle donne ma non solo, una violenza commessa e subita da giovani, anzi giovanissimi.

La procuratrice per i minori di Palermo, Claudia Caramanna, lancia l’allarme: “gli abusi sessuali sono in crescita, manca un’educazione all’affettività”.

C’è chi ha cercato nella provenienza dei sospettati il denominatore comune di questa furia criminale, ma “la nazionalità non c’entra” continua il procuratore “la violenza è trasversale, quello che pesa è il disagio sociale”.

Eccolo il filo. La mancanza, il vuoto e il disagio.

E ancora c’è chi ha pensato a metodi chimici per risolvere la questione, ad inasprire le pene.

Ma quello che emerge, anche dalle parole di Claudia Caramanna, e’ “l’urgenza di prevenire”, anziché quella di concentrarsi solo su un intervento repressivo.

Chi si occupa ogni giorno di vicende come queste descrive un quadro in cui gli adulti sono assenti, mancano i servizi sociali nelle zone in cui ce ne sarebbe più bisogno, la scuola non sempre fa la sua parte e la tecnologia usata senza regole e limiti riempie i vuoti. Sullo sfondo delle storie di violenza sessuale, c’è quasi sempre il gruppo, c’è sempre un cellulare, un video, una ripresa da condividere, da mostrare. La diffusione delle immagini amplifica il problema. La presenza dei social networks ha dato ai ragazzi una visione distorta della sessualità.

Quando il crimine è commesso da un adolescente il mondo degli adulti si sente sconfitto.

E cerchiamo una luce da poter accendere nell’età dei ragazzi, dove tutto può ancora accadere.

Si cominciano a conoscere i danni che la rete può provocare.

Proprio oggi è la giornata mondiale per la sicurezza online. Pochi giorni fa Jannik Sinner ha invitato la sua generazione a diffidare dai social. Più o meno nelle stesse ore il sindaco di New York ha bandito le piattaforme ai minori di sedici anni ritenendole “pericolose per la salute pubblica” e Mark Zuckerberg ha chiesto scusa per i danni che le sue invenzioni hanno provocato ai bambini.

La strada dell’educazione in ogni sua forma più ampia e più larga possibile potrebbe essersi aperta.


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