Il dissenso represso e lo spettro della Diaz

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Era l’inverno del 2022 quando una magistrata che si occupò del processo per i fatti di Bolzaneto mi telefonò per dirmi che aveva ragione Daniele Vicari a scrivere espressamente che sul Paese “aleggia ancora lo spettro del G8 a Genova”. Anche all’epoca erano protagonisti gli studenti. Ora, noi rifugiamo da qualunque complottismo; fatto sta che ragazze e ragazzi stanno subendo un attacco a tutto campo come non si vedeva, per l’appunto, dai giorni di Genova. E, quel che è peggio, si tratta di un attacco mirato. I cellulari in classe, il bullismo, il malessere nelle scuole: tutto si tiene e ci parla di una strategia repressiva che non risparmia alcun ambito della società. Sembra che questo governo, e la maggioranza che lo sostiene, non riesca proprio a fare a meno di un nemico. E così, oggi a essere manganellati sono stati studenti e studentesse che da Pisa a Catania, passando per Firenze, sono scesi in piazza per chiedere il cessate il fuoco a Gaza e per esprimere solidarietà al popolo palestinese. Non entriamo nel merito della protesta: ognuno la pensi come crede. Il punto è che una generazione sta alzando la testa e a qualcuno, più di qualcuno, questo pare dia fastidio. Dà fastidio il coraggio, dà fastidio l’intraprendenza, dà fastidio la partecipazione, dà fastidio tutto ciò che caratterizza una democrazia sana e matura. E allora a noi, per riflesso condizionato, torna in mente l’estate del 2001, quando i sogni e le speranze di un’intera generazione vennero infranti prima in via Tolemaide, poi in piazza Alimonda e, infine, alla Diaz e a Bolzaneto.
C’è chi parla di una matrice scelbiana, ma starei attento a non andare troppo indietro nel tempo. Certo, il co trasto feroce del dissenso non è cominciato a Genova e non c’è dubbio che l’eterno fascismo italiano sia alla base di questo orrore; va detto, tuttavia, che da quei giorni di luglio non ci siamo più ripresi. Ribadiamo per l’ennesima volta: esistono degli eventi chiave, dei momenti che segnano per sempre la storia di un Paese, e Genova lo è sicuramente. Il fascismo, del resto, come ci hanno spiegato bene personalità cui siamo molto legati, da Eco a Canfora alla nostra Sara Lucaroni, non è solo manganello e olio di ricino ma, più che mai, l’idea per la quale non ci si debba occupare di politica, si debba delegare e ci si debba affidare all'”Uomo della provvidenza” di turno anziché essere cittadine e cittadini. Non a caso, l’articolo 1 della Costituzione mette in evidenza che “la sovranità appartiene al popolo”. Non a caso, le sentenze in tribunale vengono emesse “in nome del popolo italiano”. Non a caso, la sovranità popolare è ciò che più risulta insopportabile a tutti i despoti e, purtroppo, va detto, anche ai finti democratici, a cominciare dai tecnocrati che nell’ultimo decennio hanno semi-distrutto l’Europa a colpi di austerità ed esecutivi proni a interessi che nulla avevano a che spartire con la volontà popolare. Spiace dirlo, ma quando si scambia il rispetto delle decisioni della cittadinanza per populismo, lì muore l’Occidente e, con esso, la nostra Costituzione, ahinoi nuovamente sotto attacco.
Non avevamo ancora finito di commuoverci per l’esibizione sanremese di Alfa e Vecchioni, sulle note di “Sogna, ragazzo, sogna”, che abbiamo visto il trattamento cui sono sottoposti i ragazzi e le ragazze ancora convinti “che la ragione non sta sempre col più forte”. Ecco, il fascismo è questa cosa qui: il principio per cui il più debole è destinato, sempre e comunque, a soccombere. È l’antitesi della democrazia e di ciò che abbiamo costruito nel dopoguerra. E questo discorso è universale: non chiama in causa la Polizia o il governo in carica, non si riferisce a questo o a quell’episodio ma a un clima, a una tendenza, a un modo di pensare, di agire e di essere.
Stiamo educando una generazione al silenzio, al credere e all’obbedire. Bisogna stare attenti, però, perché il combattere, vista anche la situazione internazionale, è dietro l’angolo.

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