Mai niente di simile al Tg1

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Dovrebbe esistere un limite almeno morale alla faziosità, all’asservimento politico, alla propaganda di partito, alla negazione della verità. Il TG1 di Chiocci lo ha ampiamente superato.

A chi replica che il TG1, nato come telegiornale nazionale, è sempre stato governativo rispondo che ha sostanzialmente ragione. Ma con i requisiti del pluralismo, dell’obiettività, dello stile, del senso del limite. Nessuno si aspetta o si è mai aspettato un TG1 di opposizione, ma un TG1 normale questo si. Sbilanciate per le forze politiche al governo lo sono certamente state altre direzioni di quel telegiornale, ma, ripeto, anche le più schierate hanno mantenuto un minimo senso del limite di propaganda politica da non superare. Questo TG1 è andato oltre la vergogna. Dopo aver adottato la tecnica della distrazione di massa con servizi su quanto di più improbabile possa essere materia per il principale telegiornale della Rai (ci aspettiamo di vedere affrontato il grande tema del water che si intasa nel fine settimana e l’idraulico che non arriva), siamo arrivati al punto del servizio non da Istituto Luce ma da agenzia sovietica Tass sui giovani di Fratelli d’Italia.

Riporto alcuni passaggi: si riferisce della passeggiata tra i viali del cimitero monumentale del Verano di Roma “per rendere omaggio ai caduti”, di “più di trecento ragazzi di Gioventù nazionale”, che “nel mese di gennaio da 40 anni” rendono omaggio “a tutti gli eroi italiani”. “Non militanti politici, – spiegano gli organizzatori – ma “visionari del Risorgimento, i ragazzi degli anni di Piombo, le vittime del terrore, i patrioti delle grandi guerre”. Le celebrazioni della già Giovane Italia, avvengono sulle note di un violino: tre cuscini deposti, un minuto di silenzio “sui monumenti più simbolici della storia italiana”. Poi l’immancabile inno nazionale, e “il tricolore regalato ai bambini perché il futuro passa dal ricordo della storia”. E si arruola in questa fantomatica celebrazione di eroi anche Goffredo Mameli, nascondendo la realtà, e cioè che si trattava di una manifestazione di partito.

Finora tutto questo avviene nel silenzio e quindi nella condivisione di una intera redazione. Ci sono stati tempi in cui le assemblee di redazione determinavano la sostituzione dei direttori – peraltro di nome Bruno Vespa o Franco Colombo, dopo la vicenda P2 – altri anni in cui vice direttori e conduttrici, come Daniela Tagliafico e Tiziana Ferrario, si dimettevano per protesta e vincevano cause in tribunale, assemblee turbolente in cui la redazione si divideva ma parlava, discuteva, esisteva.

E il fatto che l’opposizione politica gridi ora allo scandalo non può consolare, dopo troppe timidezze, trattative nascoste, titubanze. La Rai la pagano tutti, è dei cittadini, che hanno idee politiche diverse e vanno rispettati.

Per chi ha vissuto i dieci anni più belli della sua vita professionale in quella testata è un dolore profondo. Un dolore come giornalista, come utente che paga il canone all’ormai cosiddetto servizio pubblico, ma prima ancora come cittadina.


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