“Vogliamo celebrare don Milani, un uomo che qualcuno voleva punire e isolare”

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Oggi siamo qui per celebrare la nascita di un uomo che qualcuno voleva punire e isolare, senza acqua né luce né strada, a Barbiana e che ha finito col fare di quella piccola località fuori dal mondo, una luce sul monte visibile da ogni parte del mondo.
Tra poco ci metteremo in cammino per salire a Barbiana. Ci dice niente questa cosa? Per andare a Barbiana bisogna salire. Salire, cioè muovere dei passi, uno dopo l’altro, verso l’alto. Salire vuol dire elevarsi, muoversi verso una maggiore altezza. Barbiana è elevata e se noi dobbiamo andare a Barbiana dobbiamo elevarci. Muoverci, non rimanere fermi, immobili… e salire verso un punto più alto.
Se oggi vogliamo davvero “celebrare don Milani” senza retorica e manipolazioni di comodo, dobbiamo salire ed elevarci. Ci dice niente questa cosa? Elevare è stato anche l’obiettivo di don Milani. Elevare i ragazzi esclusi, i poveri ad un livello superiore. “Non dico a un livello pari a quello dell’attuale classe dirigente”, diceva. “Ma superiore. Più da uomo, più spirituale, più cristiano, più tutto”. Anche noi, se davvero vogliamo muoverci sui passi di don Milani, dobbiamo salire, elevarci, e puntare a divenire migliori, superiori dell’attuale classe dirigente.
Elevarci ed elevare i nostri piccoli, i nostri ragazzi e ragazze, i nostri giovani cioè dare a loro la cultura, la parola e il coraggio per riacquistare quella dignità e quei diritti che hanno ricevuto in dono dal momento della nascita ma che altri gli hanno subito rubato.
Don Milani, che è stato un “maestro della pace”, pretendeva molto dai suoi studenti ma non per farli competere e combattere gli uni contro gli altri nella giungla del mercato globale dove i ricchi diventano sempre più ricchi e i poveri sempre più poveri. Don Milani pretendeva molto dai suoi studenti non perché voleva formare delle eccellenze ma perché nessuno fosse schiavo.
Se davvero vogliamo fare come Milani, oggi dobbiamo scegliere di “essere” come don Milani e investire sui giovani, credere nei giovani, fare spazio ai giovani e dare la parola ai giovani. Anzi, dobbiamo lasciare che se la prendano la parola, come stanno facendo i giovani che lottano con i loro corpi contro il cambiamento e le devastazioni climatiche, come stanno facendo gli studenti che piantano le tende davanti all’Università, come fanno quelli che a Palermo manifestano contro le mafie.
Oggi, come ai tempi di don Milani, alcuni vorrebbero giovani obbedienti e arruolabili nelle anguste schiere della competizione selvaggia o negli eserciti della terza guerra mondiale che, anche se facciamo finta di non vedere, continua la sua terribile escalation.  Con il nostro semplice gesto di camminare e di salire a Barbiana, oggi come abbiamo fatto domenica scorsa con la Marcia PerugiAssisi, noi li invitiamo a ribellarsi ad un presente insopportabile e insostenibile e ci impegniamo a camminare assieme a loro nel tentativo di salvare il genere umano dalla catastrofe e, se possibile, costruire una vita e un mondo più umano.
Di fronte alle guerre, alle violenze e alle sofferenze dilaganti, a quelle visibili e invisibili, noi rinnoviamo la nostra “obiezione di coscienza” e insieme dichiariamo la nostra fiducia e il nostro amore per le giovani generazioni e gli diciamo che non sono sole, che vogliamo farci carico delle loro fatiche e ferite, che “l’obbedienza non è più una virtù”, che rifuggiamo l’egoismo e scegliamo di prenderci cura gli uni degli altri e della nostra madre terra per trasformare il futuro.

(Intervento all’apertura della Marcia di Barbiana di oggi, a 100 anni dalla nascita di don Lorenzo Milani)


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