Strage di Bologna. Il tradimento della democrazia

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Dopo 43 anni dalla strage della Stazione di Bologna – 2 agosto 1980, 85 morti, 216 feriti – l’attentato terroristico più grave della storia dell’Italia Repubblicana, si conoscono nomi e cognomi dei mandanti riportati, con “prove eclatanti”, nelle 1714 pagine delle motivazioni della sentenza di primo grado emessa il 6 aprile 2022 dalla Corte d’Assise di Bologna presieduta dal giudice Francesco Maria Caruso: i piduisti Licio Gelli, il Venerabile, il banchiere Umberto Ortolani, il direttore dell’Ufficio Affari Riservati del ministero dell’Interno Federico Umberto D’Amato e Mario Tedeschi senatore della Repubblica del MSI e direttore del Borghese, tutti deceduti.

Nelle motivazioni sta scritto che la strage è stata organizzata dalla P2 con la protezione dei servizi segreti, eseguita da terroristi neri. Nel processo è stato condannato all’ergastolo anche Paolo Bellini per concorso nella strage, per i giudici è “granitica” la prova che il neofascista, all’epoca al soldo dei servizi segreti, era presente alla stazione di Bologna dopo lo scoppio della bomba, rivelazione che Gianfranco Maggi, allora a capo di Ordine Nuovo del Veneto, aveva fatto nel 1982 ma non fu creduto. L’ex moglie di Bellini, Maurizia Bonini, ritenuta credibile, sentita come teste al processo, ha fatto crollare il suo alibi dichiarando che il giorno della strage lui arrivò a Rimini da Scandiano, per accompagnare lei, i figli e la nipote in montagna, non alle ore 9 bensì all’ora di pranzo, avendo tutto il tempo per passare da Bologna. Sempre la moglie ha riconosciuto l’ex marito nell’immagine di un video realizzato da un turista subito dopo la strage, riconoscendo la cicatrice sul mento, l’andatura, la pettinatura, la fossetta mento-labiale e il crocifisso al collo, collana dalla quale Bellini non si separava mai. Elementi inconfutabili.

Il ruolo del neofascista di Avanguardia Nazionale sarebbe stato quello di dare “assistenza materiale e logistica nella fase precedente e finale della strage”, sarebbe stato lui a consegnare la bomba a Valerio Fioravanti. Bellini si aggiunge allo stesso Fioravanti, Francesca Mambro, Luigi Ciavardini (condannati in via definitiva) e Gilberto Cavallini (in primo grado) appartenenti ai NAR come esecutori materiali della strage. Condannati anche l’ex ufficiale dei carabinieri Piergiorgio Segatel (6 anni) e Domenico Catracchia amministratore di condomini di via Gradoli a Roma, per depistaggio e fasa testimonianza. Vorrei ricordare che i due terroristi neofascisti Fioravanti e Mambro condannati rispettivamente a 8 e 9 ergastoli più altri 218 anni, la loro pena si è estinta per la Mambro nel 2013 e per Fioravanti nel 2009. Nelle motivazioni dei giudici è chiaro che finalmente, dopo tanti, anni si è arrivati a porre un punto fermo che considera la strage come il momento conclusivo della “strategia della tensione”. I fascisti esecutori materiali “non agirono nel vuoto di strategia e fuori da contesti politici nazionali e internazionali. Erano strettamente collegati a chi la strage aveva deciso, agevolato e finanziato, attraverso una fitta rete di legami e di mediazioni, di cui tuttavia si intravvede ora il vertice, come è stato nelle stragi politiche dei primi anni Settanta, la cui funzione fu tutta interna alle strategie atlantiche di prevenzione dell’espansione del comunismo in Europa”. La P2 di Licio Gelli aveva come obiettivo uno stato autoritario “per impedire l’accesso delle masse alla politica”. Per questo colpirono Bologna, la roccaforte del Partito comunista, simbolo della Resistenza e da sempre “portatrice di valori progressisti”. Per gli avvocati dell’Associazione dei famigliari delle vittime della strage presieduta da Paolo Bolognesi: “Emerge il tradimento alla democrazia, alle sue istituzioni e ai cittadini della Repubblica operato da vertici delle istituzioni e della politica che non si è mai identificata nei valori della Costituzione”.


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