La “colpa” del Domani: parlare di mafia e politica. E ora anche l’Europa lo sa

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Anche l’Europa, nella sua massima espressione politica e democratica, deve sapere cosa sta succedendo alla libertà di stampa in Italia. Con una interrogazione scritta  alla Commissione Sophia in ‘t Veld accende i riflettori sul sequestro di un articolo del quotidiano Il Domani con tanto di blitz dei carabinieri in redazione. “Il Domani Giornale colpito dagli Slapp del Primo Ministro Giorgia meloni e dalle irruzioni della polizia nella loro redazione.  I governi dell’UE dovrebbero incoraggiare i giornalisti indipendenti, non intimidirli. Perché non denunciare tutto questo?” scrive Sophia in ‘t Veld, membro del Gruppo Renew Europe Membro Paesi Bassi. Dopo le moltissime prese di posizione degli ultimi giorni, anche in sede europea, la Procura di Roma ha revocato il sequestro. “Il procuratore della Repubblica di Roma, Giuseppe Lo Voi revoca il ‘sequestro’ di un articolo pubblicato online da Domani richiesto dal sottosegretario al Lavoro Claudio Durigon (Lega) e disposto da una pm romana, Laura Condemi. – scrive il direttore de Il Domani, Stefano Feltri – La motivazione: è che ‘tale decreto di sequestro non è rispondente alle finalità di cui all’articolo 253 del codice di procedura penale che potevano essere garantite in forme diverse’. La mossa decisa di Lo Voi neutralizza uno dei pericoli a cui è esposto Domani e forse servirà anche a dare un messaggio alla politica e ad arginare la tentazione di usare la giustizia per intimidire i giornalisti”. Si è trattato dunque di un’azione ultronea. Ma ciò che è accaduto potrebbe succedere ancora ed è il  motivo per il quale adesso tenere alta l’attenzione europea sulla deriva antidemocratica avviata in Italia attraverso leggi che impediscono la pubblicazione di notizie e fatti scomodi. E’ utile analizzare il motivo del sequestro: una denuncia del sottosegretario Claudio Durigon per una presunta diffamazione a mezzo stampa inerente un articolo inerente i rapporti tra politica e criminalità organizzata a Latina, la città di Claudio Durigon. In specie l’articolo riferiva della condanna in primo grado per estorsione a quattro anni di reclusione di Simone Di Marcantonio, un giovane imprenditore che ha avuto incarichi apicali nell’Ugl, il sindacato nel quale ha militato a lungo Claudio Durigon prima di entrare nella Lega. Di Marcantonio è stato uno degli imputati del processo denominato Scarface dal nome del celebre film cui il clan Di Silvio si ispirava tanto che a casa di uno di  loro è stata trovata  la locandina; il capo, Giuseppe Di Silvio detto Romolo, è un elementi di elevatissima caratura criminale e per affermare la sua allure amava farsi fotografare su un “trono” realizzato appositamente per lui. I rapporti tra politica e criminalità organizzata a Latina città e a Terracina sono purtroppo cristallizzati in più processi scaturiti dalle dichiarazioni, validate, di due collaboratori di giustizia. La città di Latina è costituita parte civile in sette processi per reati di mafia e in uno, Alba Pontina, è stata già risarcita per i danni di immagine e di impatto economico negativo sul turismo. E’ questa realtà complessa e scomoda la cifra della intimidazione ai giornalisti. Le querele tendono a coprire una situazione gravissima che si vuole nascondere all’Europa.
(Nella foto il capo dei Di Silvio, Giuseppe detto Romolo, sul suo trono a Latina)


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