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Sulle note dei classici: Nikolai Lugansky in concerto 

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La stagione concertistica da camera 2021 – 2022 dell’Accademia di Santa Cecilia ha ospitato, il 16 marzo scorso, presso la Sala Sinopoli dell’Auditorium Parco della Musica di Roma, il concerto per pianoforte di ​Nikolai Lugansky.  Il concerto è stato trasmesso in diretta da Radio Rai 3.

Lugansky, classe 1972, moscovita, allievo di Tatiana Nikolaeva e di Sergej Dorenskij – attuale direttore della Scuola Musicale Cajkovskij di Mosca – ha avuto numerosissimi riconoscimenti internazionali, vincendo i più prestigiosi Concorsi, tra cui: l’International Bach Competition di Lipsia nel 1988, l’All-Union Rachmaninofv Competition nel 1990, il Concorso Internazionale Cajkovskij e molti altri ancora, e attualmente collabora con le più prestigiose orchestre di diversi Paesi.

Il concerto, della durata di oltre due ore, si è aperto sulle note dolcissime della Sonata n. 14, in do diesis minore, op. 27, n. 2,  più comunemente nota come “Al chiaro di luna”, completata nel 1801 e pubblicata nel 1802, che Ludwig van Beethoven dedicò a Giulietta Guicciardi: “… una di quelle poesie che il linguaggio umano non giunge a definire”, come ebbe a definirla Hector Berlioz nel suo “Voyage Musical”. Lugansky ha colpito subito per un’interpretazione estremamente moderna del compositore tedesco, e per una tecnica straordinaria emersa soprattutto nel secondo e nel terzo movimento della sonata.

A seguire, come una sorta di fil rouge dell’amore, la Sonata n. 23 in fa minore, op. 57, più nota come “Appassionata”, composta tra il 1804 e il 1805, e dedicata a Franz von Brunswick, fratello di Therese, quest’ultima ritenuta “l’immortale amata” di Beethoven.

Ma è proprio con la seconda parte del concerto, apertosi sulle note del Preludio, Corale e Fuga (strepitosa) in si minore di César Franck, un compositore meno noto, più introverso, che Lugansky ha regalato al pubblico un momento di assoluta magia.

L’esibizione si è conclusa sulle note di una selezione delle Etudes-Tableaux, op. 39, nn. 2, 4, 5, 8 e 9, di Sergej Rachmaninoff, scritte tra il 1916 e il 1917, uno dei maggiori compositori e pianisti russi di sempre.

Un concerto straordinario, che ha puntato direttamente al cuore degli spettatori, i quali, da parte loro, non hanno mancato di tributare a questo raffinato e virtuoso artista, erede della più illustre tradizione russa, ripetuti applausi a scena aperta: “Lugansky non è semplicemente il più meraviglioso pianista russo dei tempi moderni; è uno degli artisti più straordinari della nostra epoca…” (Le Monde).


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