No vax e talk show, serve una riflessione

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Mai come in questa guerra con la pandemia è apparso evidente a tutti che in televisione il giornalismo è una cosa e la conduzione di un talk show è un’altra, anche se il conduttore è un giornalista, spesso anche bravo e soprattutto famoso.

Le testate propriamente dette, del servizio pubblico e delle altre emittenti, pur non dimenticando i social e restando presenti sulle notizie, hanno – ovviamente chi peggio e chi meglio – dato, appunto, le notizie, senza una rincorsa sfrenata alla contrapposizione e allo scontro, ma cercando di raccontare i fatti.

Stanno, insomma, facendo informazione. Quella che da alcuni mesi i talk, condotti tutti da giornalisti di fama, non fanno assolutamente più. Tutti i talk, mattina, pomeriggio, sera, tarda notte, si trasformano in risse sui temi sanitari dove – e questo secondo me è uno scandalo – illustri esperti spesso di fama internazionale devono confrontarsi con cosiddetti rappresentanti di organizzazioni inesistenti contrari a vaccini e green pass e portatori di quella che con severa saggezza il presidente Mattarella ha definito l’antiscienza. Ma l’aggravante è che queste persone sono nella vita tutto tranne che esperti di sanità, creando in questi studi televisivi una sorta di esaltazione dell’improvvisazione e dell’incompetenza, che ha, non soltanto a mio avviso, un effetto trascinante su quella fetta di spettatori incerta sui vaccini, timorosa e titubante. Cioè la sola fascia di persone sulla quale si può ancora tentare di recuperare qualcosa per evitare che meno del 20 per cento della popolazione faccia ripiombare la stragrande maggioranza del paese negli incubi degli scorsi due inverni.

Si può e si deve constatare che la comunicazione dei due governi che hanno gestito finora la pandemia è stata spesso carente, che i provvedimenti non vengono spiegati bene, ma autoassolverci come categoria è profondamente sbagliato.

La ricerca dello scontro caratterizza i talk televisivi ormai da più di trent’anni, ma è come se molti non avessero capito che da due anni è diverso, che la pandemia di Covid segna un passaggio della storia, che nulla sarà più come prima. Che è in ballo la salute pubblica. La sola, sempre più penosa, motivazione che lo scontro porta ascolto francamente non si può più sentire. Lo sappiamo bene che le risse fanno audience in un format che vive di emozioni e raramente di ragionamenti, dove conduttori, donne e uomini, fingono calma e compostezza e attizzano il fuoco per lo scontro, anche se da una parte c’è una commessa e dall’altra un titolare di cattedra medica. Ma non avevamo detto che uno vale uno non va bene?

Coltivo il sogno che la Rai, con i cambiamenti in corso, recuperi lo spirito autentico del servizio pubblico e torni a fare ricorso più al giornalismo investigativo che non ai talk, che si ricordi che per un punto di ascolto in più alcuni programmi fanno un torto molto grave ad oltre l’ottanta per cento degli italiani, quelli disciplinati e vaccinati che in questi giorni si sentono molto ma molto presi per in fondelli!


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