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End impunity day, in Messico e Filippine le ultime vittime di una lunga scia di omicidi di giornalisti

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Il 2 novembre in tutto il mondo si celebra, da otto anni, la Giornata internazionale per porre fine all’impunità sui crimini contro i giornalisti indetta dalla Nazioni Unite .
Mai come quest’anno, a poco più di 24 ore dall’uccisione di due colleghi, Orlando Dinoy, che lavorava al sito online Newsline Philippines, ucciso a colpi di arma da fuoco,  e Fredy López Arévalo, raggiunto al  cranio da proiettili esplosi da un killer nello stato di Chiapas in Messico, la ricorrenza dell’End Impunity Day acquisisce un significato e una rilevanza ancor maggiori.
Con questi ultimi omicidi è stata superata la soglia dei 1000 operatori morti negli ultimi dieci anni.
La maggior parte di questi crimini è rimasta impunita.
Una vera e propria ingiustizia rispetto cui i governi, la società civile, i media, tutti noi, siamo chiamati a mobilitarci e a sostenere lo stato di diritto mettendo in campo ogni sforzo possibile, a livello globale, per porre fine alle impunità per questi omicidi.
Prima di ogni cosa i governi hanno la responsabilità di promuovere le condizioni affinché i  media siano liberi e indipendenti e favorire l’accesso del pubblico alle informazioni in linea con gli standard internazionali sui diritti umani.
Ciò include la riduzione degli ostacoli legali e di altro tipo a mezzi di informazione imparziali e la protezione dei cittadini da informazioni false e dannose.
Ma mantenere sani ecosistemi informativi deve essere un impegno condiviso, non solo delle istituzioni pubbliche.
Anche i media stessi, il settore privato comprese le piattaforme Internet, la società civile e gli attori dello sviluppo internazionale hanno un ruolo da svolgere.
Per garantire il perseguimento di tali obiettivi è necessario istituire un rappresentante speciale delle Nazioni Unite come da tempo è auspicato dalle organizzazioni di categoria. Una figura che possa essere garante della sicurezza degli  operatori dell’informazione. .
La coalizione composta da Reporter Whitourt Borders, Committee to Protect Journalists e OSCE chiede all’ONU e ai suoi Stati membri di creare e dare a questa posizione un forte peso politico, legittimità e capacità di agire rapidamente al fine di riuscire a coordinare efficacemente gli sforzi fatti per proteggere i lavoratori nel campo dei media e creare un meccanismo concreto che rafforzi le leggi internazionali riducendo, finalmente, il numero di giornalisti che ogni anno perdono la vita mentre lavorano.
Solo un impegno davvero forte può favorire l’efficacia dell’iniziativa.
Come dimostrano le sfide affrontate dai sistemi di informazione a livello globale nei paesi in cui l’Onu è attivamente impegnata a gettare le basi per una governance forte in  grado di favorire il pluralismo dell’informazione, garantendo un impatto significativo nelle realtà in cui tale obiettivo viene perseguito attivamente.


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