La passione incestuosa di Fedra, protagonista ribelle del suo tragico destino, incendia il palco e gli animi degli spettatori al SummerFest di Catania

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Eccola. E’ lei. Si muove come in un incubo. Bionda, diafana, lo sguardo acceso, il petto ansimante. Ama disperatamente, inutilmente, inconfessabilmente.

E’ Fedra, la luminosa, figlia di Minosse e Pasifae, sorella di Arianna, moglie lussuriosa di Teseo. Ama illecitamente, ma non usa il potere come Semiramide “che libito felicito in sua legge”. Fiera e implacabile, figura leggendaria di grande impatto, la regina di Atene nell’opera di Seneca oserà offrirsi serva al figliastro, in un gesto di grande coraggio.

Il resto è solo la conseguenza di questo atto ribelle.

In questa “Fedra” di Seneca, proveniente dai Teatri di Pietra di Eraclea Minoa, vista al SummerFest per il Teatro della Città, la sobrietà insiste sul palco, mentre il celebre tessuto mitologico si dispiega davanti ai nostri occhi, conservando intatta la sua virulenza.

L’azione si svolge ad Atene, nel tempo che fu, che è, che sarà. Una terribile passione incestuosa per il casto figliastro Ippolito, acceso dagli ardori giovanili di Riccardo Livermore, si è impadronita di Fedra, dilaniata dal folle sentimento fin dal suo primo apparire. Impersonata con apprezzabile misura e pathos interiore dall’intensa Viola Graziosi, smania, si contorce, spasima, in preda a furori incontrollabili. Teseo, il marito, fedifrago e assente, è sceso agli Inferi, lasciandola in preda al “suo” inferno. Invano la nutrice, un’algida e teutonica Deborah Lentini, tenta di dissuadere la meschina dal suo scandaloso sentimento. La regina disperata invoca la morte, unica via d’uscita al delirio senza fine che la divora. La donna, davanti a un così orribile progetto, finirà per essere complice di un amore colpevole. Sostenuta moralmente dalla nutrice, in un colloquio privato Fedra dichiarerà il suo amore a Ippolito, che si allontana disgustato dalle braccia della matrigna. La nutrice, per salvare la sua prediletta, suggerisce di ribaltare la situazione. Sarà Ippolito ad essere accusato di avere violato incestuosamente la “madre”.

Il ritorno di Teseo, a cui Graziano Piazza conferisce spessore, attraversando lussuria, regalità, vindice furore, strazio di padre, modulate con sapiente padronanza, accelera l’evolversi della tragedia.  Sconvolto dalle rivelazioni mendaci di Fedra, Teseo invoca la morte del figlio Ippolito, che perirà straziato da un mostro marino inviato da Poseidone. Il dolore di Fedra di fronte alla terribile morte dell’amato, narrata dallo stravolto nunzio di Liborio Natali, la confessione al marito della sua colpa, culmineranno nell’annunciato suicidio. Sul pianto desolato di Teseo, sulle  esequie di Ippolito, morto innocente, sui corpi ora uniti nella morte dei due amanti impossibili, sulla voce fuori campo di Fedra, ora finalmente placata dalla tensione parossistica che attraversa tutta la tragedia, cala la tela.

Intorno alla figura di Fedra, personaggio di sconvolgente modernità, che infrange le leggi sociali in nome dell’amore e della libertà, sono stati versati fiumi di inchiostro. Eros e thanatos ancora una volta si ergono protagonisti, nella violenza di un rapporto eticamente impossibile. La sua colpa è amare fuori dagli schemi. Ispirandosi a Lady Diana, come ha dichiarato la Graziosi, con la sua sensibilità moderna sottolinea l’atto di libertà di una donna che rifiuta il potere maschile. E’ questa la sua colpa: essersi rivoltata contro la società maschilista. La ricerca delle colpe e delle responsabilità di tanto dolore sono del resto delineate fin dall’incipit della tragedia. Ippolito si attribuisce la colpa di avere fatto innamorare la matrigna, Fedra si dichiara rea di avere amato insanamente il figliastro fino alla sua distruzione, la nutrice sa che ha colpevolmente assecondato la follia della sua protetta, provocando gravi lutti, Teseo ammette di avere lasciato sola la moglie e invocato la morte del figlio…Una spirale senza fine, ma le colpe dei padri non ricadono più sui figli. Seneca impone la responsabilità del qui ed ora, in una concezione più avanzata del senso di colpa, che vede nell’assunzione della propria responsabilità una via per rendere gli uomini protagonisti del proprio destino. In questo senso la confessione di Fedra è un elemento essenziale di questo percorso evolutivo.

La regia di questa tragedia senza tempo è di Manuel Giliberti che ha opposto ai barocchismi del testo i toni pacati, l’eleganza di vestiti di sapore contemporaneo (… ma gli uomini sono scalzi), una scena essenziale (con qualche debolezza nei movimenti scenici), resa viva e palpitante dal cast che vede ancora una volta confermarsi la coppia Piazza-Graziosi, in un tandem di sicuro impatto.

FEDRA

di Seneca

Traduzione di Maurizio Bettini

Con

Viola Graziosi

Graziano Piazza

Deborah Lentini

Riccardo Livermore

Liborio Natali

Musiche

Antonio Di Pofi

Movimenti scenici

Serena Cartia

Scene e costumi

Laboratorio del Teatro della Città

Produzione Teatro della Città 

Alle Ciminiere di Catania fino al 13 Settembre

La passione incestuosa di Fedra, protagonista ribelle del suo tragico destino, incendia il palco e gli animi degli spettatori al SummerFest di Catania


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