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Napoleone, dall’uno all’altro mar

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Il corso Napoleone Bonaparte, nato nel 1769, ossia poco dopo il passaggio dellisola alla Francia, era e resta una delle figure storiche più celebri e affascinanti in assoluto. Intrepido e discusso, da alcuni considerato un esempio di coraggio e da altri di intollerabile autoritarismo, non c’è dubbio che faccia discutere da oltre due secoli. Ricorre, infatti, il bicentenario della sua scomparsa ed è superfluo ricordare le opere che già allora gli sono state dedicate, su tutte “Il 5 maggio” di Alessandro Manzoni, in cui il grande intellettuale milanese si interrogava, con profondo senso di pietà, sulla figura di un condottiero che conobbe la polvere e l’altare, la grandezza e la caduta, compresa l’ultima, quella di Waterloo, rovinosa e definitiva. Parliamo di un combattente nato, di un trascinatore che osò spingersi oltre ogni limite e sfidare tutti i poteri, che durò relativamente poco ma in realtà molto, che venne apprezzato in vita e rimpianto nel periodo della restaurazione, al quale si devono importanti opere e grandi innovazioni. È stato un protagonista che ha insegnato ai francesi l’amore per la libertà e il ripudio dell’oppressione, sopravvivendo a se stesso e ponendosi come l’ultimo interprete del vecchio mondo e il primo esponente della stagione risorgimentale.

Se la Francia ha amato la libertà più di ogni altro valore, se è stata la culla dei diritti, se ha accolto molti esuli e difeso i perseguitati politici di ogni latitudine, se tutto questo è stato possibile, nei due secoli successivi, il merito è anche e soprattutto suo, di un generale modernissimo nei metodi e umano nei rapporti con le truppe.
Certo, ha anche trafugato opere d’arte, non era un santo ed esprimeva un nazionalismo inquietante, ma quella era l’epoca e l’essere francese di sicuro lo aiutava in tal senso.

Napoleone ha incarnato il principio della grandeur un secolo e mezzo prima del generale De Gaulle, ha vinto tutte le battaglie per un quindicennio, ha costruito un immaginario collettivo e lasciato dietro di sé un vuoto incolmabile.
Volendo provare a rispondere all’interrogativo manzoniano su chi sia stato davvero, possiamo dire un gigante, capace di dominare l’uno e l’altro mar, di assumersi le proprie responsabilità e di crollare comunque con dignità, concludendo i suoi giorni a soli cinquantuno anni, al termine di un’esistenza infinita, segnata da innumerevoli avventure, straordinarie imprese e notevoli risultati in tutti i settori.
Ha tenuto alto l’onore del suo Paese fino alla fine. Non ha rinunciato al suo carattere imperiale nemmeno nell’ora dell’addio, quando tutto era perduto ed era ormai un uomo solo, vinto e costretto ad arrendersi alla barbarie che avrebbe regnato sovrana nei decenni successivi. L’impeto napoleonico, tuttavia, era troppo forte per essere arrestato, e in un secolo aspro e più che mai rivoluzionario, tracciando un bilancio storico complessivo, dopo tante sofferenze, hanno prevalso le sue idee, sopravvissute all’ancien régime, ai sovrani che le incarnavano e ai troppi servi sciocchi che non hanno avuto il coraggio di opporvisi prima che il corso degli eventi e il progresso dell’umanità ne determinassero l’esaurimento.

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