Quando un anno vale un secolo

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Cosa resterà di questo anno due volte venti, per parafrasare un simpatico motivo musicale (in verità sugli anni ottanta, di Raf)? Ovviamente, il contagio. Che, come la peste manzoniana, ha avvolto  un villaggio globale già avariato dagli eccessi di gas, di rifiuti, di plastiche e inquinamenti dolosi. Ci vorrà una pioggia liberatoria, come dovrebbe essere il vaccino tanto atteso. E auguriamoci che, per una volta, il bene comune prevalga sul male oscuro della proprietà privata portata al parossismo e sui cascami delle culture liberiste contro cui si pronuncia sempre più spesso il Papa di Roma Francesco. Anzi. Più lui di ceti politici ingialliti e spesso deboli.

Tuttavia, è necessario non sottovalutare i fenomeni involutivi degli e negli assetti democratici. Lampi di autoritarismo si intravvedono anche nelle pur misurate società occidentali. Non solo a Malta o in Ungheria o in Slovacchia. E Trump a parte. E Russia e Cina fuori classifica.

La torsione dei poteri ci tocca da vicino. Lasciamo all’anno che verrà una qualche compiuta dissertazione su ciò che sta avvenendo nei rapporti tra esecutivo, parlamento e autorità indipendenti.

Qui e ora, a bilancio parzialissimo di un anno lungo un secolo, è doveroso lanciare un allarme serio e duro: la libertà di informazione è a rischio.

Da una parte basti osservare l’orripilante cortile che si vede dalla finestra. Ne ha parlato con cura e precisione Antonella Napoli, offrendoci con realismo i dati su giornaliste e giornalisti uccisi (almeno 50) e messi in carcere (387 al 29 dicembre). E non solo nei paesi attraversati da guerre e conflitti. No, pure nelle civilissime aree metropolitane del Nord del mondo. Nelle porte accanto.

Insomma, si muore per il Covid e – insieme- per difendere ciò che recita la Costituzione italiana nel suo articolo 21.

Da un’altra parte, però, si insinua una vera e propria tendenza. Il diritto ad informare e ad essere informati è leso nella fondamenta, perché il capitalismo delle piattaforme predilige la dittatura dell’istantaneità. Inchieste, approfondimenti, riflessioni accurate diventano pericoli pubblici. Per un New Power che predilige segretezza e accentramento in violazione della liberale dialettica tra i poteri. Guai. Il contropotere dell’informazione non s’ha da fare, urlano dietro la scena coloro che avvolgono i fili, magari neppure presenti nei soliti talk. In televisione quelli che stanno nelle vere cabine di regia neanche vanno. A loro lo spettacolo della politica non interessa. Post-politica? Post-democrazia? Il conflitto è aperto e immanente.

Non è un caso se i punti posti da Articolo21 al Presidente Conte stanno lì, con nessuna o una-due vaghe promesse (sulle querele bavaglio?). Inpgi, Fondo per il pluralismo?

Qual è il sugo della storia, sempre per riprendere il grande lombardo (non leghista)? Le cose ci impongono di non smobilitare mai, di resistere con fermezza e con la schiena sempre dritta.

Un Movimento, freddo come l’intelligenza artificiale o caldo come imporrebbe un rinnovato umanesimo, urge.

Buon 2021 di lotta, non solo di governo.


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