Populismo e unità nazionale, un dialogo tra sordi

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Ci è voluto l’appello di Sergio Mattarella alle forze politiche, a trovare  qualche forma di unità repubblicana,di armistizio  , di dialogo tra” nemici”( così è ridotta la politica italiana, così si sta riducendo altrove), perché le parole di tutti  si orientassero , per una volta,verso una sospensione delle ininterrotte ostilità . La disponibilità della maggioranza e del governo,c’è (se ci sono populisti al governo, la convenienza prevale sull’attitudine); ma un appello siffatto è naturalmente rivolto alle opposizioni. I governi non possono che rallegrarsi se si allarga momentaneamente  la base di consenso, e sembra di  respirare un po’ meglio.  Le opposizioni( in questo momento il variegato emisfero di centro destra), l’appello sembrano averlo  raccolto, con qualche voto alle camere , seppure a singhiozzo, per non dare certezze; con alcune parole.

Chi ha l’età giusta , ricorderà le forze politiche , praticamente tutte, impegnate assieme contro il terrorismo, brigatista e nero : quasi un bipolarismo del terrore. Superato con qualche tentennamento  l’istinto dell’ideologia, l’intero paese fu condotto  con fermezza fuori da un tunnel che pareva cieco. Con sacrifici estremi, a partire da quello tremendo di Aldo Moro. Bersagli istituzionali, quelli dei brigatisti;  stragi di inermi, quelle  nere. Non vi  furono speculazioni, strumentalizzazioni,  colpi bassi, condizioni. E nemmeno di appelli del capo dello Stato , ci  fu bisogno.

Terrorismo e coronavirus sono due nemici non comparabili , non foss’altro  per il diverso grado di conoscenza che si ha   dell’uno e dell’altro.  Il primo è un nemico naturale delle democrazie, la forma estrema, extraistituzionale di opposizione; il secondo è un inquietante , invisibile  mistero che uccide. Differenze , tra la solidarietà  di allora , e quella , ancora virtuale , di oggi? Al momento si nota quella  solita,  che tiene lontane  le democrazie classiche e  le sedicenti democrazie populistiche. Nelle prime, su una comune visione dello Stato si accende e sviluppa un’ accesa  dialettica di  idee e di  programmi; il populismo ,i populismi si nutrono   del rigetto del nemico.  Ci si divide su come guidare il paese,  nelle prime; nelle seconde, si segmenta il paese, e si fiutano gli umori di uno o dell’altro segmento, facendo del prescelto  il proprio popolo, del residuo il nemico.   Si frantuma il concetto di popolo: sovrano è solo  il proprio  spicchio di  popolo .  Se l’idea di popolo è unitaria, e a  divergere sono  le ricette di governo ,la solidarietà della politica nelle emergenze si sviluppa da sé, per difendere la casa comune; se ognuno ha un proprio popolo da seguire, anche sulle catastrofi si può scorgere il sentiero che porta al consenso.  Poi, come in questo caso , le  parole sono di unità: ma dietro la schiena balugina il coltello della battaglia politica , e scompare il confronto delle politiche.   Ogni parola giusta è seguita da mozziconi di segnali che rassicurano che  lo scontro è appena sospeso ,” i conti  si faranno dopo “, “non è questo  il momento per dividersi”:  che è il contrario della unità nella diversità che è la base delle democrazie. Nelle emergenze, soprattutto in quelle terribili come questa, non si pongono condizioni, non si fanno minacce.


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