Libertà di stampa: l’Iran agli ultimi posti

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Nell’annuale rapporto 2020 di Reporter Senza Frontiere, l’organizzazione non governativa che promuove e difende la libertà di informazione e la libertà di stampa, la Repubblica Islamica dell’Iran é scesa di tre posizioni in un una lista di 180 paesi e si trova 173 esimo posto, scendendo di 3 posizioni rispetto al 2019 in cui era nella posizione 170. Nonostante le molte convenzioni intenazionali per la tutela della libertá di espressione, ancora oggi in alcuni paesi é complicato parlare di democrazia ed espressione del libero pensiero. In Iran soprattutto negli ultimi mesi si sono riscontrati numerosi casi di soppressione dell’informazione, a volte di mera disinformazione. Dall’inizio dell’emergenza sanitaria legata al Covid19 la gestione della veicolazione delle notizie é stata particolamente complessa, se non del tutto manipolata. L’Iran é stato uno dei primi paesi ad essere contagiato dalla pandemia che si é diffusa a partire dal 19 febbraio 2020 nella città di Qom dove si é registrato il primo focolaio per poi diffondersi in tutto il Paese. Sui dati relativi al numero esatto delle persone contagiate e decedute a causa del Coronavirus c’é ancora molta confusione. Secondo il Ministero della Salute Iraniano sarebbero oltre 80 mila i contagi e meno di seimila i decessi. Dati totalmente falsi, secondo altre fonti, che sospettano l’Iran stia nascondendo volutamente, il numero esatto delle vittime. Nel rapporto di RSF (https://rsf.org/en/news/iran-press-freedom-violations-recounted-real-time-january-2020) si legge che il Governo Iraniano una volta appreso della gravitá del virus avrebbe fatto di tutto per limitare il flusso delle informazioni sulla crisi in atto nel paese. Diversi giornalisti che hanno pubblicato dettagli ‘non ufficiali’ cioé non derivati dalle dichiarazioni delle autoritá governative sono stati convocati, interrogati e accusati di ‘diffondere voci non vere’. Secondo quanto riportato da IranWire, uno dei siti di denuncia maggiormente conosciuto in lingua inglese e farsi, molti giornalisti che avevano messo in dubbio l’accuratezza delle statistiche governative sono stati soggetti ad intimidazioni e minacciati di azioni legali. Le pressioni sui giornalisti sono iniziate a metà febbraio 2020, mentre cominciavano ad emergere rapporti e speculazioni sui casi di coronavirus nel paese. “In alcuni casi, i giornalisti sono stati costretti a negare la notizia”, ha affermato un giornalista residente in Iran, intervistato da IranWire. Spesso invece, alcuni giornali con notizie ritenute dalle autoritá ‘pericolose’ sono stati rimossi dalle edicole.  Il Ministero della Salute non solo ha presentato delle denunce nei confronti dei giornalisti che hanno osato dare una versione diversa da quella ufficiale, ma pare abbia imposto delle forti restrizioni nella pubblicazione di articoli e in molti casi accusato i giornalisti di ‘turbare  l’opinione pubblica’.

L’Iran é stato accusato piú volte di non rivelare l’esatto numero dei contagi e dei decessi. Giá a metá marzo il direttore delle operazioni di emergenza per il Mediterraneo orientale dell’Organizzazione mondiale della Sanità, il dottor Rick Brennan aveva dichiarato che i numeri forniti dal regime iraniano sarebbero stati sicuramente superiori a quelli dichiarati. Contrariamente a queste dichiarazioni, il portavoce del ministero della Sanità iraniano, Kianoush Jahanpour, ha affermato che erano state divulgate notizie ‘non autorizzate’ sulla pandemia, soprattutto pubblicate sui social media e dai media in lingua persiana fuori dall’Iran.

Eppure i casi di giornalisti iraniani accusati in queste ultime settimane sembrano proprio contraddire il Ministero della Sanitá e confermare la giá triste realtá della totale mancanza di libertá di espressione nel paese e l’impossibilitá di un contraddittorio nei confronti del regime

Una delle piú recenti vittime del sistema è Mahmoud Shahariari, un ex presentatore televisivo e radiofonico nazionale molto attivo sui social media. È stato arrestato da funzionari del ministero dell’intelligence a Teheran il 14 aprile con l’accusa di ‘pubblicazione di fake news sul coronavirus’ dopo aver pubblicato un video, visto da centinaia di migliaia di iraniani, in cui riferiva di un insabbiamento di informazioni sulla diffusione del virus dall’inizio di marzo. Le sue critiche sulla gestione della crisi sanitaria hanno chiaramente contrariato le autorità, che lo hanno arrestato senza rivelare neanche il luogo della sua detenzione. Un altro attivista Hadi Maharani e invalido dalla guerra del 1980-88 con l’Iraq,  che gestisce un canale di notizie di Telegram è stato arrestato nella sua casa l’11 aprile con l’accusa di ‘aver offeso funzionari e credenze religiose’ dopo aver pubblicato informazioni sulla diffusione del coronavirus e criticato le informazioni fornite dalla radio e dalla televisione di stato. Ma oltre ai casi relativi alla diffusione di notizie riguardanti il Coronavirus, ce ne sono purtroppo tanti altri ai quali non dovremmo mai mancare di dare attenzione. Nelle carceri iraniane ci sono ancora prigionieri politici, giornalisti e blogger accusati di ‘propaganda contro la sicurezza dello stato’ ma in realtá condannati per avere espresso idee contrarie al regime.

Nonostante la liberazione temporanea di migliaia di detenuti, un team di esperti sui Diritti Umani delegati dalle Nazioni Unite hanno inviato lo scorso 17 aprile una lettera alla Repubblica Islamica dell’Iran in cui hanno chiesto di estendere, la liberazione temporanea anche ai prigionieri di coscienza, ai cittadini di doppia nazionalitá, ai difensori dei diritti umani, agli ambientalisti che sono ancora a grave rischio di contagio del Covid19 a causa della loro età o delle condizioni pregresse di salute. Molti di questi detenuti hanno gravi problemi di salute e qualora dovessero venire contagiati potrebbero mettere a rischio le loro vite; l’Iran peró li considera ‘terroristi’  ‘spie straniere’ ‘criminali contro la sicurezza’ e per questo come affermato dal portavoce della magistratura Gholamhossein Esmaili, non possono lasciare le carceri nemmeno temporaneamente. Rimane a noi il compito di dare voce a chi non puó raccontare le veritá che il regime vorrebbe tenere nascoste in un paese che rimane per ora una delle piú grandi prigioni al mondo in cui non vi alcun rispetto della libertá di espressione tantomeno di stampa.


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