Egitto, cresce l’onda della rivolta contro Al Sisi: 365 arresti in tre giorni

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Una nuova ondata di arresti e repressioni si è abbattuta su manifestanti e attivisti che in Egitto hanno avviato un’azione di protesta contro il regime di Abdel Fattah al Sisi. Da venerdì scorso sono finite in carcere 365 persone. Tra i volti più noti finiti in carcere su ordine delle autorità egiziane Mahienour El-Massry, attivista e legale di diversi giovani scesi in piazza, conosciuta e premiata a livello internazionale per il suo impegno in difesa dei diritti civili, è stata prelevata dalla polizia fuori dall’edificio in cui ha sede la Procura de Il Cairo.
Massry, 33 anni, è stata arrestata semplicemente perché ha deciso di assistere gli imputati delle inchieste sulle manifestazioni che si sono animate nella capitale e in altre città del Paese.
Da giorni centinaia di persone protestano contro il governo, ritenendolo oppressivo e corrotto.
Un’azione violenta contro il dissenso pacifico, quella registrata in queste ore in Egitto, che riporta alla mente la stessa durezza dei giorni che condussero alla caduta di Hosni Mubarak e poi a quella di Mohamed Morsi, l’allora capo di Stato legato ai Fratelli Musulmani deposto dai militari.
Dal 2011, il regime ha avuto cura di bloccare la diffusione di  notizie e inviti alle manifestazioni attraverso i social: NetBlocks, che monitora i black out di Internet, ha rilevato su Twitter che nel Paese arabo Facebook Messenger, Bbc News e altri social sono stati ‘oscurati’.
Nonostante tutto le rivolte sono riprese e i manifestanti chiedono a gran voce le dimissioni del presidente Abdul
Fattah al Sisi, accusato da un uomo d’affari di corruzione,
Mohamed Ali. L’imprenditore, ex contractor dell’esercito, nelle ultime due settimane ha pubblicato accuse di presunta corruzione di esponenti delle forze armate e dello stesso Al Sisi. Ali ha pubblicato una decina di video registrati in Spagna dopo aver avuto rapporti economici con il governo per circa 15 anni.
Al-Sisi ha respinto con fermezza le accuse, difendendo l’esercito e affermando di non aver mai tollerato la corruzione.
Le accuse rivolte al capo di Stato e al suo establishment
hanno dunque alimentato ulteriormente le tensioni nel Paese per i rilievi mossi da più fronti interni ad al-Sisi, reo di aver speso miliardi di dollari di fondi pubblici in grandi progetti infrastrutturali, come una nuova capitale e l’estensione del Canale di Suez.  E non solo. L’ipotesi che milioni di dollari dei contribuenti siano stati destinati alla costruzione di un hotel di lusso e un palazzo presidenziale in riva al mare, ha scatenato la rabbia di chi, dalla salita al  potere di al-Sisi, non lo aveva mai contestato in massa e pubblicamente.
I soldi sottratti illecitamente, secondo gli accusatori, per investimenti personali sarebbero potuti servire a diminuire gli alti livelli di povertà e la disoccupazione dilagante  nel Paese.
Le prime proteste sono iniziate a metà settembre nella cittadina settentrionale di Suez, dove circa 200 manifestanti hanno ingaggiato scontri con la polizia, che ne ha arrestato decine e usato lacrimogeni, proiettili di gomma e veri per disperdere il sit-in.
La rivolta – si tratta della prima ondata della presidenza di al Sisi dopo la repressione dei fratelli musulmani sei anni fa – si è poi estesa a Il Cairo, in piazza Tahrir, simbolo della Primavera Araba che nel 2011 fece cadere l’allora uomo forte Hosni Mubarak.
Tra le prime emittenti a darne notizia Al Jazeera, accusata dal ministro degli esteri egiziano, Sameh Shoukry, di “copertura non professionale delle proteste avvenute diffondendo immagini false frutto di disprezzo e malizia”.
Ma a conferma di quanto raccontato dalla televisione qatariota le dichiarazioni del Centro egiziano per i diritti economici e sociali, che ha denunciato l’uso della forza in quattro diversi governatorati e l’arrestato di centinaia di manifestanti che chiedevano la deposizione di Al Sisi.
Le proteste a Il Cairo sono avvenute principalmente sulla centrale via Talaat Harab, vicino a piazza Tahrir, epicentro
delle manifestazioni nel 2011.
Decine i feriti e cinque i morti. Tra cui un membro del gruppo armato Hasm, legato ai Fratelli musulmani, ucciso in una sparatoria nel quartiere di Al Matariya, ad est della capitale. Altre manifestazioni si sono animate ad Alessandria, Suez e Gharbiya.
Ed è solo l’inizio. I video con le accuse al presidente egiziano sono diventati virali, con oltre 1,7 milioni di visualizzazioni su Facebook dal 2 settembre. Già altre manifestazioni sono previste in settimana e c’è da attendersi che ancora una volta in piazza scenderanno centinaia di egiziani, sfidando il divieto a manifestare imposto dalle autorità.


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