La Puglia, la Gazzetta e la barca

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Come un clochard, un anziano, un senza famiglia anche La Gazzetta del Mezzogiorno sta morendo nell’indifferenza quasi generale. I colleghi e tutti i lavoratori hanno ritenuto che la misura è colma, che si è abusato troppo della loro pazienza, del loro spirito di sacrificio, del loro senso del dovere, che la loro dignità è stata troppo e troppo a lungo calpestata. E così da domenica il giornale non sarà più in edicola. Un gesto forte, drammatico. Un nuovo grido di dolore. Ma chi lo ascolterà?
Fatta salva la solidarietà della categoria e qualche espressione di circostanza, la Gazzetta sta morendo nell’apatia della sua terra. Davanti alla morte annunciata del suo giornale (ma lo ritiene ancora suo?) la Puglia, la sua classe dirigente politica, imprenditoriale, culturale, anche ecclesiale, avrebbe dovuto insorgere al grido di “Giù le mani dalla Gazzetta”. E invece no e invece nulla, o quasi. E non è un silenzio innocente.

Niente come un giornale dice e “odora” del suo popolo. Dal docente universitario al commerciante, dall’assessore al prete di frontiera, dall’operaio al volontario: la Gazzetta da 132 anni è il luogo in cui le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce di questa terra hanno trovato ascolto, spazio, rappresentazione.
Ma nell’ora della difficoltà queste classi dirigenti e questo popolo sembrano essersi dileguati. Si sta consumando un’agonia che non suscita indignazione, protesta, reazione. Un rassegnato coro muto sta mestamente e colpevolmente accompagnando questa dolorosa vicenda.

Un segno dei tempi. Un giornale, simbolo di una comunità, della sua identità, rischia di naufragare in un mare di distrazione e disinteresse. Una vicenda emblematica di una terra, di un tempo. Cosa muore se muore un giornale, se muore la Gazzetta?
In questa storia, ancora una volta, c’è un “racconto” che ci tocca tutti, che tocca una comunità che stenta a riconoscersi come tale. Che non riesce più a pensare ed agire con il “noi” collettivo ma che appare dispersa in tanti “io” divisi. Servirebbe il coraggio di guardare alla vicenda della Gazzetta come ad uno specchio che rimanda la nostra immagine e poi rabbrividire.
Ne “Le storie del Signor Keuner”, Bertold Brecht narra di un uomo che percorreva una valle, quando improvvisamente notò che i suoi piedi affondavano nell’acqua. Allora capì che la sua valle era in realtà un braccio di mare e che si avvicinava l’ora dell’alta. Si fermò subito per guardarsi attorno in cerca di una barca e finché ebbe speranza di trovarla rimase fermo. Ma quando si persuase che non c’erano barche in vista, abbandonò questa speranza e sperò che l’acqua non salisse più. Solo quando l’acqua gli fu arrivata al mento abbandonò anche questa speranza e si mise a nuotare. Aveva capito che egli stesso era una barca.
Capirà la Puglia che il mare in cui sta affondando la Gazzetta è il nostro stesso e identico mare e capirà, soprattutto, che è essa stessa la barca del suo giornale ?


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