La tassa sui money transfer? “Attacco alla teoria dell’aiutiamoli a casa loro”

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Nel nuovo decreto fiscale spunta la tassa dell’1,5% sui trasferimenti di denaro nei paesi extra Ue. Ambrosini, sociologo: “Tassa ingiusta, colpisce chi aiuta nei paesi di origine con rischio di incentivare l’uso di canali alternativi e non regolari”

 

ROMA – Un’imposta dell’1,5 per cento sui trasferimenti di denaro nei paesi extra-Ue. E’ la tassa sui money transfer, inserita nel decreto fiscale da un emendamento della Lega, che sta già facendo discutere. Innanzitutto perché colpisce i cittadini immigrati che vivono e lavorano nel nostro paese e che mandano i soldi nei paesi d’origine, per aiutare le famiglie rimaste a casa. Inoltre, perché secondo alcuni esperti, potrebbe favorire lo svilupparsi di canali alternativi e illegali.

“Sono rimesse con cui i migranti aiutano loro stessi a casa loro. Teniamo conto che le rimesse degli emigranti sono una voce di primaria importanza nella bilancia dei pagamenti di molti paesi, come la Moldova, l’Eritrea, il Salvador, il Balgladesh – spiega a Redattore sociale, Maurizio Ambrosini, docente di Sociologia delle migrazioni all’università degli studi di Milano -. Gli immigrati in questo modo aiutano notevolmente a casa loro. Hanno continuato a farlo anche durante la crisi economica, seppur con alti e bassi. Va detto anche che se non mandassero le rimesse, crescerebbe il numero di coloro che verrebbero qui a ricongiungersi con loro: aiutano le famiglie nel paese di origine”. Ambrosini spiega inoltre che le rimesse hanno anche la caratteristica di “arrivare ai più remoti angoli della terra senza essere intermediate dalle burocrazie pubbliche e senza dover dipendere dagli insediamenti delle attività produttive”. Tra le più colpite dalla misura saranno le badanti. “Tra i grandi impianti di rimesse ci sono le madri transnazionali, che lavorano nelle famiglie e risparmiano molto, perché vivono in convivenza: le cosiddette badanti – spiega – Si penalizzano molto queste persone, che tra l’altro danno un contributo essenziale nel nostro paese”. Per il docente esperto di migrazioni questa tassa fa il paio con la polemica della volontaria rapita in Kenya, Silvia Romano: “si fa la teoria dell’aiuto a casa loro ma poi si fa di tutto per scoraggiare chi cerca davvero di farlo, dai volontari italiani a chi manda le rimesse”, aggiunge.

Il rischio delle rimesse in nero. Secondo Ambrosini, inoltre, la tassa richia di incentivare l’uso di canali alternativi, non regolari e non controllati. “I pulmini oltre a portare i regali delle madri ai figli verranno incentivati anche a portare pacchi di banconote – sottolinea -. In generale, questa imposta mi sembra un’ingiustizia, soprattutto in una stagione politica in cui i flussi finanziari sono liberi, in cui un investitore può comprare azioni o buoni del tesoro degli Stati uniti senza pagare tasse di trasferimento. Si contro, la badantie ucraina che vuole mandare soldi ai suoi figli per Natale deve pagare un’imposta. C’è una dimensione di ingiustizia che lascia attoniti”.

La tassa sui money trasfer è un “pallino” della Lega già da diversi anni. Già nel 2010 nel Consiglio regionale della Lombardia venne approvata una mozione targata Lega in cui si chiedeva un giro di vite sui trasferimenti di denaro nei paesi extra Ue. E a fasi alterne il tema è stato riproposto anche a livello nazionale. Intanto il valore delle rimesse è cresciuto negli anni. Secondo uno studio della fondazione Moressa, nel 2017 si è registrato un lieve calo (-1,1%) rispetto al 2016, ma il volume complessivo delle rimesse si è mantenuto sopra i 5 miliardi di euro. Nel primo semestre del 2018 i trasferimenti sono tornati a crescere, raggiungeno 2,71 miliardi, l’11 più in più rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. (ec)

Da redattoresociale


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