Caso Cucchi. La testimonianza del carabiniere Tedesco squarcia un muro di silenzio e omertà

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«Ci chieda scusa chi ci ha offesi in tutti questi anni. Ci chieda scusa chi in tutti questi anni ha affermato che Stefano è morto di suo, che era caduto. Ci chieda scusa chi ci ha denunciato.
Sto leggendo con le lacrime agli occhi quello che hanno fatto a mio fratello.
Non so dire altro.
Chi ha fatto carriera politica offendendoci si deve vergognare.
Lo Stato deve chiederci scusa. Deve chiedere scusa alla famiglia Cucchi».
Queste le parole di Ilaria Cucchi dopo che il carabiniere Francesco Tedesco ha confessato quanto è accaduto nei locali della compagnia di Roma Casilina dove Stefano Cucchi era stato portato mentre era sotto la custodia dello Stato. Tedesco ha descritto il pestaggio che il geometra romano ha subito per mano dei carabinieri Alessio Di Bernardo e Raffaele D’Alessandro, imputati insieme a Tedesco per omicidio preterintenzionale. Nello stesso processo, il secondo per la morte di Stefano Cucchi, il maresciallo Roberto Mandolini è accusato di calunnia e falso, il carabiniere Vincenzo Nicolardi di calunnia.
«Vogliamo sapere che cosa è successo a mio fratello», diceva Ilaria Cucchi il giorno dopo la morte di Stefano nel reparto per i detenuti dell’ospedale Sandro Pertini. «Sono stati tutti assolti. Bene, se non sono stati loro si facciano altre indagini e si inizi un altro processo», aveva detto la madre del geometra romano quando medici e agenti erano stati assolti. Quanto confessato da Tedesco è la verità che Ilaria Cucchi, i genitori di Stefano, l’avvocato Fabio Anselmo avevano compreso, la verità per cui si sono battuti instancabilmente per nove lunghi anni. Ma era una verità taciuta, silenziata.

Adesso che attraverso la parola è diventata testimonianza, la verità che tutti conoscevano e pretendevano ha preso corpo. Perché solo attraverso la descrizione di quello che il corpo di Stefano ha dovuto subire, la verità può portare ad ottenere giustizia.
Quella raccontata da Tedesco è la scena mancante del film Sulla mia pelle. Questa è la confessione del carabiniere sul pestaggio di Stefano Cucchi: «Allora D’Alessandro diede un forte calcio a Cucchi con la punta del piede all’altezza dell’ano. Cucchi prima iniziò a perdere l’equilibrio per il calcio di D’Alessandro, poi ci fu una spinta di Di Bernardo in senso contrario, che lo fece cadere violentemente sul bacino. […] Io spinsi via Di Bernardo, ma prima che potessi intervenire D’Alessandro colpì Cucchi con un calcio in faccia (o in testa) mentre era sdraiato in terra».
Questo era il tassello mancante che, come ha detto Ilaria parlando con i giornalisti, ha sgretolato il muro. Un muro fatto di silenzio e omertà, intaccato fino ad ora dalle testimonianze dei due carabinieri Roberto Casamassima e Maria Rosati, da Fabio Anselmo, dai giornalisti e dalla società civile che si è battuta perché fosse fatta giustizia ed è sempre rimasta al fianco di Rita, Giovanni e Ilaria Cucchi.


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