Il ricordo di Mimmo Candito, inviato di guerra dalla nobiltà d’animo del guerriero solitario

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Arrivava alle assemblee, Mimmo, con l’aria e la forza dell’angelo sterminatore. Alto, bello, spigoloso, il fascino dell’inviato di guerra e la nobiltà d’animo del guerriero solitario. Le ragazze, che negli anni che ricordo io, fine Settanta, primi Ottanta, erano assai poche, lo guardavano con inevitabile ammirazione. Inutile ammirazione, visto che lui “era” la sua Marinella: come davvero si potesse capire, attraverso loro, che cosa significassero due corpi e un’anima. Si erano sposati di primo aprile, nel 1978, uno scherzo che non era uno scherzo ma il modo per sancire un rapporto di amore, affetto, complicità durato tutta la vita.
E dunque Mimmo arrivava alle assemblee, e parlava, con voce tonante. Scambiandosi reciprocamente il ruolo con un’alta voce tonante, quella di Roberto Franchini. Parlava, analizzava, faceva il punto. Sollecitava gli animi e le coscienze di noi più giovani, magari ancora incerti sul nostro futuro ma tutti sindacalmente coinvolti. Tempi in cui la convocazione nelle fila del sindacato avveniva “ope legis”: se eri assunto ti iscrivevi, era automatico. Perché c’erano persone come Mimmo che rendevano inevitabile la scelta, che ci ricordavano continuamente come fosse importante partecipare; come le conquiste sindacali non si dovessero mai dare per scontate. Come la libertà di espressione, la libertà di stampa, non fossero luoghi comuni: ma la Costituzione andava continuamente assecondata, sostenuta con la partecipazione di ogni singolo giornalista, in qualunque settore, di qualunque età.
Mimmo ci ha insegnato molte cose. Ci ha insegnato anche il rimpianto, certo. Ma con il rimpianto la volontà di risalire. Le discese ardite e le risalite, come diceva Mogol per Battisti. E non a caso: Càndito non era soltanto inviato di guerra. Si occupava di musica leggera quando ancora la musica leggera era considerata un genere minore. Ma per lui non sono mai state solo canzonette. Solo che Mimmo era stonato: e bisogna dirlo, e dirlo con un sorriso, perché nessuno più di lui amava la verità dei fatti.


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