Giornalisti. Tra quelli che cercano la verità non ci sono più confini

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Voglio prima di tutto ringraziare i colleghi di Articolo 21 per l’invito, la solidarietà e il sostegno morale… mi hanno fatto sentire che il mondo è un paese… Un paese per tutti i giornalisti che hanno deciso di stare dalla parte “giusta”, non dalla parte dell’odio e delle fake news. Ma il mio ringraziamento va anche alla Federazione Nazionale della Stampa Italiana e agli amici dell’Ordine Nazionale dei Giornalisti per la loro vicinanza. A tutti loro voglio esprimere la mia gratitudine perché con il loro calore umano hanno cancellato il mio senso di estraneità e mi hanno fatto sentire “uno di voi”. 

Mentre la Politica sta perseguendo il “Male”, cercando di distruggere il “ponte” umano con l’altra sponda del Mediterraneo, noi oggi insieme lo stiamo fortificando. È questo il cuore pulsante del giornalismo italiano! Oggi sento che tra quelli che cercano la verità non ci sono più confini.

Noi giornalisti, nel nostro cammino verso la verità, non abbiamo distinzioni di razza, di religione, di lingua… la verità appartiene a tutti noi… la verità dà al nostro lavoro una dimensione di umanità capace di superare tutti gli ostacoli. In Italia i giornalisti soffrono… subiscono minacce, intimidazioni… alle volte vengono uccisi. Mentre in Egitto… anche… ma anche a Malta (come successo alla nostra collega Daphne Caruana Galizia), in Algeria, in Marocco, in Libia… ma anche in tante parti del mondo.

È vero che i nemici sono diversi… ma sono uniti nel metterci il bavaglio, nello zittirci, nell’intimidirci, nel minacciarci… Così stanno realizzando la globalizzazione del “Male”… contro noi giornalisti. E questo spiega il legame fra Trump e Putin, fra Erdogan e Al Sisi, tra la Cina e il regime di Assad.

È difficile affrontare questi prepotenti nemici senza essere uniti! Dobbiamo esserci! È vero… abbiamo scoperto questa “globalizzazione” troppo tardi, però dobbiamo essere uniti, non abbiamo altra scelta. E noi? come ci poniamo in questo contesto globale?… siamo come dei “preti senza Signore”. I Panama Papers sono un buon inizio nel nostro cammino verso la verità. Abbiamo il dovere di essere i garanti della libertà, non solo per il nostro paese, ma per tutti. La mancanza di libertà come giornalisti in un paese, influenza tutti gli altri paesi.

Il caso Regeni ne è un chiaro esempio. Se ci fosse libertà di stampa in Egitto, adesso sapremmo chi ha sequestrato, torturato e ammazzato Giulio. Noi in Egitto non abbiamo solo una dittatura, uno Stato repressivo, una guerra contro la libertà di stampa fatta di arresti, accuse false, divieti di pubblicare articoli contro il regime, oscurazioni di siti, sequestri di giornali, carcerazioni per più di quattro anni senza accuse (come il caso del nostro collega Shokan)… ma abbiamo un generale che vuole sradicare il mestiere del giornalista e imporre ai giornalisti stessi di diventare soldati ai suoi ordini. Per questo non è strano che dopo venti mesi dal massacro di Giulio Regeni, non è emersa ancora nessuna verità.

Davanti a un regime così, non c’è un solo Giulio, abbiamo migliaia Regeni egiziani che hanno subito una “scomparsa forzata”, una tortura efferata e un omicidio fuori dalla legge.

Per questo il generale Al Sisi non confesserà mai la “verità per Giulio Regeni”, perché significherebbe aprire la porta alla verità per tutti i Regeni egiziani che hanno subito quello che ha subito Giulio: la scomparsa, la tortura, l’omicidio fuori legge… come continua ad avvenire in Egitto oggi.

Grazie a tutti voi… veramente sento questa sera che il Mediterraneo non è più un posto per morire ma un posto per convivere in libertà. Viva la libertà di stampa


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