“Fai ciò che devi, accada quel che può”. A cinque anni dalla morte di Roberto Morrione

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Sembra ancora di vederlo, con il suo sguardo ironico ma attento e curioso sul mondo e sui suoi interlocutori, fossero il presidente della Rai o il giovane precario. Trattava tutti con lo stesso rispetto, che potevi percepire fisicamente come da altri percepisci l’indifferenza se non l’infastidito disprezzo. E proprio per questo suo porsi rispettoso e attento riusciva a insegnarti, a esserti maestro, perché ti sentivi soggetto protagonista e non oggetto sottomesso.
L’ultima volta che lo vidi, che potei parlarci pochi minuti, per non affaticarlo, a poche ore dalla morte contro cui ha lottato fino alla fine ma senza mai farsi compiangere, con il poco fiato che ancora aveva lasciò a me e all’amico Fausto Pellegrini che mi accompagnava un ultimo appello, un’eredità (almeno così la percepii allora e la percepisco ancora oggi): “mi raccomando lo sportello contro le querele temerarie, deve andare avanti, è fondamentale”. Da pochissimo, proprio grazie alla sua ostinazione, era stato sottoscritto dal sindacato dei giornalisti l’impegno ad aprire un servizio di appoggio e di tutela per i colleghi, soprattutto freelance o precari, che dovevano far fronte a questo nuovo genere di pressione per metterli a tacere. Visionario anche in questo, Roberto, aveva capito che le liti temerarie erano il nuovo strumento di attacco contro la libera informazione, soprattutto quella a cui lui teneva di più, il giornalismo investigativo.
Roberto, che alle inchieste aveva dedicato gran parte della sua vita, dentro e fuori la Rai, aveva le idee chiare su come portare avanti questo settore, in Italia sempre in affanno e sempre sotto il tiro incrociato di poteri vari, malaffare, interessi occulti. Credeva nel lavoro di squadra e credeva nella condivisione, avrebbe voluto creare un grande pool di cronisti d’inchiesta dentro il servizio pubblico. Lo fece, in piccolo, da direttore di Rainews24, lottando sempre con risorse scarnissime, sempre più ridotte, ma potendo contare sulla passione e la grande professionalità di quei pochi colleghi che era riuscito a mettere insieme.
E continuò a farlo quando, uscito dalla Rai per “raggiunti limiti di età” (come se un giornalista-giornalista come lui possa mai smettere di esserlo), fondò con Luigi Ciotti e Libera, insieme anche ad Articolo 21 e alla Federazione della stampa, LiberaInformazione “osservatorio su informazione e mafie”, che nelle sue mani non era solo luogo di raccolta e rilancio delle minacce mafiose ai cronisti ma divenne invece un laboratorio d’inchieste d’avanguardia sull’allargamento della presenza mafiosa in tutto il paese: per tutti basti ricordare il dossier sulle mafie in Lombardia, arrivato un paio di anni prima della grande operazione contro la ‘ndrangheta diretta dalla procura milanese.
Un lavoro d’inchiesta e di verifica fatto ancora una volta con i mezzi limitati che una realtà della società civile come Libera poteva permettersi, ma che Roberto Morrione cercava di realizzare con un occhio ai diritti dei giovani che lavoravano con lui. Cosa difficile in Italia, dove il lavoro malpagato e senza tutele è la norma anche nel sociale più avanzato se si vuole sopravvivere. Ma era così Bob, per tanti anni dirigente nella Rai eppure profondamente convinto del ruolo insostituibile di un sindacato indipendente, capace di accordi ma anche di conflitto.

Proprio per cercare di dare continuità ai suoi insegnamenti , a pochi giorni dalla sua morte, quel 20 maggio 2011, con pochi tra i suoi migliori amici ci siamo inventati il premio che prende il suo nome, che fonde le grandi passioni della sua vita: il giornalismo d’inchiesta, la televisione, i giovani cronisti a cui offrire l’opportunità di realizzare i loro progetti.
Non così è andata per altre sue grandi idee, prima fra tutte una legge per fermare le querele temerarie, che non riesce a decollare neanche in questa “politica del fare” decantata dal governo attuale. Ma noi, che quelle idee continuiamo a condividere, non ci arrendiamo. Insistiamo a bussare al Parlamento perché l’iter di questa norma vada avanti; e continuiamo a stare a fianco di LiberaInformazione perché riprenda la sua missione di osservatorio severo sulle criminalità organizzate in crescita nei territori e di divulgatore di informazione di qualità.
E in periodo di confronto e consultazioni per costruire la nuova convenzione Stato-Rai, rilanciamo il suo progetto principe: nel testo di questo fondamentale accordo sia scritto a chiare lettere che l’informazione di qualità, l’inchiesta sono connaturati alla missione del servizio pubblico; e i vertici di questo Servizio pubblico che è stata la casa natale di Roberto, diano finalmente corpo a un consorzio d’inchiesta, sociale e investigativa,che raccolga le migliori risorse dell’Azienda, nelle testate e nelle reti, da Rainews24 a Report e Presa diretta fino alla radio, che intrecci esperienze e linguaggi diversi, anche innovativi come il webdoc.
Per chiudere voglio ricordarlo come cinque anni fa: Ciao, Bob. Con Te se ne è andato un grande maestro e un eroe civile, che fino alla fine ha avuto un pensiero per l’impegno che era la sua vita: la battaglia per un’informazione libera e responsabile, per la legalità e la giustizia, in difesa dei diritti, a partire da quelli dei più deboli. L’ultima tua uscita pubblica, il 25 aprile a Sasso Marconi, è stata dedicata al ricordo di Vittorio Arrigoni, ucciso pochi giorni prima a Gaza. Senza di Te siamo tutti più soli, orfani. Ti facciamo però una promessa solenne: noi anziani aiuteremo i più giovani a portare avanti il testimone lasciato da un grande giornalista, ma soprattutto da una grande persona quale era Roberto Morrione, in nome del suo principio di vita e di lavoro: “fai ciò che devi, accada quel che può”.


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