Ius soli, lo sport dà il buon esempio

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In attesa delle legge sullo Ius soli, che garantisca il diritto di cittadinanza ai figli di stranieri che nascono in Italia, è passato lo Ius soli sportivo, con il quale i minori stranieri residenti in Italia potranno essere ammessi nelle società sportive che fanno capo alle federazioni nazionali. Finora non era così. Come sanno i tantissimi ragazzi e ragazze nati in Italia che sono stati esclusi dai tornei proprio per questo motivo.
Il primo caso, senz’altro il più noto, è quello di Mario Balotelli, escluso dalla nazionale under 21 alle olimpiadi del 2008 perché non cittadino italiano. ”Pur essendo nato qui, la legge non mi riconosce ancora la cittadinanza: lo ”trovo un’enorme ingiustizia, la legge andrebbe cambiata” disse allora il diciassettenne Balotelli.

Ma è successo anche alla giovane campionessa di pallamano Sirin nata a Scandiano in provincia di Reggio Emilia, alla giovane di Camposampiero vicino a Padova che alla soglia del debutto agonistico nel team di nuoto sincronizzato è dovuta rimanere seduta sui blocchi, alla diciassettenne nata a Reggio Emilia da genitori nigeriani che corre nelle specialità dei 60, 100, 200 e 400 metri, vince ma non può ritirare i premi.
Ora con 215 sì, 6 no e 2 astenuti il Senato ha approvato il disegno di legge per favorire l’integrazione sociale dei minori stranieri residenti in Italia che prevede appunto l’ammissione dei ragazzi stranieri nelle società sportive appartenenti alle federazioni nazionali.

“Un provvedimento di civiltà” ha detto Vincenzo Manco, presidente nazionale Uisp. Una legge che, equiparando la condizione dei minori italiani e stranieri,“ sancisce il fattore educativo e inclusivo della proposta sportiva, permettendo l’accesso all’attività agonistica a tutti i minori, cosa che finora non era possibile”.

“Un passo in avanti nella direzione giusta – ha commentato Carlo Balestri, responsabile dei Mondiali antirazzisti della Uisp, che però lascia ancora dei vuoti”. Il disegno di legge non contempla infatti le situazioni dei rifugiati e dei richiedenti asilo, così come quelle dei tanti minori non accompagnati che vivono nel nostro paese. Dunque, più che un passo è un mezzo passo. Ma meglio che niente.


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