Giornalismo sotto attacco in Italia

Il dem Verini: “I talk devono mostrare tutto il Paese. È quello che fa Raitre, da sempre”

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di Micaela Bongi*

Il Pd attacca a testa bassa Rai­tre arri­vando al «licen­zia­mento» a mezzo stampa dei diret­tori di rete e testata da parte del segre­ta­rio della com­mis­sione di vigi­lanza Michele Anzaldi. Wal­ter Verini, depu­tato dem e gior­na­li­sta, cre­sciuto poli­ti­ca­mente a fianco di Wal­ter Vel­troni e ora nell’orbita ren­ziana, non crede al ritorno di «editti di ber­lu­sco­niana memo­ria», come li ha defi­niti il comi­tato di reda­zione del Tg3. E dopo l’intervista rila­sciata ieri dal pre­mier alla diret­trice Bianca Ber­lin­guer, si sente di dire: «Credo che al mio amico Michele Anzaldi sia scap­pata la frizione».

Verini, in pochi giorni il Pd è riu­scito a far schie­rare Bru­netta e San­tan­chè a difesa dell’ex Tele­ka­bul. Un bel risultato…
Io credo che la terza rete sia, da quando esi­ste, una delle reti che meglio ha svolto il ruolo di ser­vi­zio pub­blico, cer­cando di inter­pre­tare umori e cam­bia­menti del Paese. Ricordo le pole­mi­che sullo spa­zio dato al feno­meno insor­gente della Lega quando Curzi diri­geva il Tg. Ma era un modo per sin­to­niz­zarsi con cam­bia­menti che il ser­vi­zio pub­blico non può igno­rare. Que­sta è stata e resta Rai­tre. Una rete che guarda senza appiat­ti­mento al potere, alle isti­tu­zioni e al paese reale dando voce al Paese intero, non a una sola parte. Non è né stra­bica né miope ma vede molto bene tutto. E’ legit­timo espri­mere riserve cul­tu­rali, ma del tutto immo­ti­vata la cri­tica da pol­laio della poli­tica di gior­nata. Il tema «ruolo del ser­vi­zio pub­blico» richiede ben altro ossi­geno. In que­sti anni Rai­tre ha avuto il corag­gio di non inse­guire a tutti i costi il totem dell’audience, di spe­ri­men­tare modelli intel­li­genti di pro­dotto. Va rispet­tata nella sua iden­tità, nella sua cifra.

Invece il sem­pre auspi­cato «passo indie­tro» della poli­tica non si vede
Al di là della moda­lità con cui sono state fatte le ultime nomine del cda, con la Gasparri, quindi dalla poli­tica, che è un limite, alla fine abbiamo due figure, quella della pre­si­dente Mag­gioni e quella del diret­tore gene­rale Campo Dall’Orto, che per il loro pro­filo — lei azien­dale, lui di pro­dotto — garan­ti­scono un livello ade­guato alle sfide del ser­vi­zio pub­blico. Ma le pole­mi­che, la poli­tica che tiene il fiato addosso a un ser­vi­zio che dovrebbe essere come la Banca d’Italia, estra­neo alle pres­sioni, rischiano di inde­bo­lire innan­zi­tutto loro due. Rischiano di non avere agi­bi­lità, la libertà asso­luta che dovreb­bero avere. Con­si­dero asso­lu­ta­mente sba­gliate le pole­mi­che e il bilan­cino all’interno di una sin­gola tra­smis­sione. Ma non credo che i 5 Stelle abbiano titoli per cri­ti­care. Hanno avuto atteg­gia­menti dispre­gia­tivi nei con­fronti del ser­vi­zio pub­blico, ora hanno cam­biato strategia.

Anche da parte di espo­nenti Pd, come il gover­na­tore cam­pano Vin­cenzo De Luca, sono volate parole dav­vero grosse. Ha defi­nito quello di Rai­tre «camor­ri­smo giornalistico»
Con­si­dero incre­di­bil­mente vol­gari e peri­co­lose quelle frasi. Chi rico­pre inca­ri­chi nelle isti­tu­zioni non può nean­che per un momento defi­nire in quel modo i gior­na­li­sti, si rischia di ridi­men­sio­nare il feno­meno camorra. Si inti­mi­di­sce l’informazione e — anche se l’effetto non era voluto — se si para­go­nano la camorra e la stampa sal­tano tutti i para­me­tri. E’ irre­spon­sa­bile, mi aspet­te­rei le scuse.

Per ora De Luca ha detto che quelli del Pd che lo hanno rim­pro­ve­rato sono troppo sensibili…
Io sono tra quelli sensibili.

Ma a dare il «la» è stato Renzi. Magari non sarà stato un «editto», ma dire che dai talk rac­con­tano il paese «con la solita musi­china in cui va tutto male» suona piut­to­sto berlusconiano.
Non farei paral­le­li­smi. Si tratta di opi­nioni. Sono d’accordo con il pre­si­dente del con­si­glio quando fa rife­ri­mento ai «pol­lai» dove si senza pos­si­bi­lità di con­fronto. Molti talk hanno come carat­te­ri­stica l’iper popu­li­smo. Per il resto i talk devono rap­pre­sen­tare la plu­ra­lità delle opi­nioni e tutto il paese. Quello che ce la sta facendo e quello che non ce la fa, che vive il disa­gio; i gio­vani con un con­tratto e l’Italia che ha fame. Con spi­rito critico.

Quella di un pre­mier — tra l’altro il governo è l’azionista Rai — è un’opinione «pesante», non come altre. Non dovrebbe aste­nersi da inter­venti sulle scelte editoriali?
Mi pare che Renzi con l’intervista a Bianca Ber­lin­guer abbia chiarito.

*Pubblicato su “Il Manifesto”


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