Giornalismo sotto attacco in Italia

No al bavaglio, ieri, oggi e domani

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Le deleghe ai governi in materia di intercettazioni non ci piacevano ieri, non ci piacciono oggi. Lo stesso dicasi per le leggi bavaglio di qualsiasi forma, natura e colore. Abbiamo contrastato la legge Gasparri ieri, non c’è motivo alcuno per cambiare opinione oggi.
Siamo scesi in piazza quando Berlusconi e i suoi lanciavano editti e minacciavano giornali e giornalisti sgraditi. Per ora, e ci mancherebbe altro, non ci sono state né liste di proscrizione, né la chiusura delle trasmissioni sgradite. Eppure qualcosa non funziona e nell’aria sono tornate a risuonare parole minacciose ed avvertimenti ripetuti.

Un giorno finiscono nel mirino i talk show, un altro Presadiretta, poi Report, poi Che tempo che fa e gli editoriali di Massimo Gramellini, a giorni alterni Ballarò, per non parlare di Floris, di Santoro, di Travaglio, di Formigli
Sarà una casualità, ma sono, pari pari, gli stessi programmi che non piacevano all’ex cavaliere; tra i pochissimi, Presadiretta e Report, che continuano a frequentare i sentieri delle inchieste.

Nessuno contesta il diritto alla critica nei confronti di chiunque, giornalisti compresi, ma modi, toni e forme ricordano tristemente quelli del recente passato. Non spetta comunque alla politica dare le pagelle ai programmi, chiedere la bocciatura, interferire nella programmazione e nella progettazione di nuovi modelli editoriali.

I fatti accaduti in queste settimane, dalla delega in materia di intercettazioni all’offensiva contro i programmi sgraditi, non preannunciano nulla di buono. Non pochi di coloro che insorsero contro i vecchi bavagli sembrano oggi distratti, rassegnati o addirittura consenzienti, perché “Berlusconi non c’è più”.

Questi ultimi, forse a loro insaputa, sono davvero gli “antiberlusconiani di professione”, quelli tanto invisi a Renzi, perché cambiano il loro giudizio a seconda del colore dei governi in carica. Editti, bavagli, interferenze sono “buone o cattive” a seconda del mandante di turno. Per questo ci permettiamo di chiedere ad “amici e compagni” di programmare una prima iniziativa per reclamare la soppressione della delega al governo in materia di intercettazioni. Lo slogan potrebbe essere questo: “Quello che non ci piaceva ieri, non ci piace neppure oggi…”.

Fonte: “Il Fatto Quotidiano”


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