Giornalismo sotto attacco in Italia

Fino a che punto è lecito pubblicare filmati girati con telecamere nascoste

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La sentenza della Corte Europea che ha assolto una giornalista. Quando si deve oscurare il volto e alterare la voce. La legge italiana sulla privacy

Avv. Andrea Di Pietro* – Qualche giorno fa la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo (CEDU) si è pronunciata, pare per la prima volta, sulla liceità dell’utilizzo di telecamere nascoste da parte di una giornalista nello svolgimento della sua professione. Il caso riguardava un reportage realizzato in Svizzera con la finalità (sicuramente di interesse generale per la collettività) di documentare e denunciare pratiche contrarie ai consumatori nella vendita di polizze assicurative.

Per ottenere informazioni, la giornalista aveva finto di essere una cliente, aveva parlato con il broker e aveva registrato un breve colloquio con lui. Il filmato era andato in onda. Il broker aveva reagito denunciando la giornalista che perciò era stata processata e condannata in sede penale.

Questo è accaduto in Svizzera. E se invece fosse accaduto in Italia? Penso che la giornalista non sarebbe stata condannata dal giudice italiano.

Nel nostro Paese ci siamo ormai abituati a questo modo molto efficace di fare informazione soprattutto in ambito televisivo. Penso per esempio al programma Le Iene che utilizza regolarmente telecamere nascoste. Lo fa da anni, a mio avviso in modo assolutamente lecito.

Quindi ciò che io ritengo veramente interessante in questa sentenza non è tanto l’affermazione del principio di diritto secondo il quale è consentito l’uso della telecamera nascosta quando poi il filmato viene pubblicato tutelando la privacy e l’identità dei soggetti filmati, quanto piuttosto il fatto che la CEDU abbia indicato, con estrema chiarezza, i limiti precisi entro cui si può impiegare lecitamente la telecamera nascosta.

La sentenza della CEDU esclude la liceità della telecamera nascosta ogni qualvolta siano riconoscibili i soggetti o i luoghi, o anche soltanto la loro voce. Pertanto, l’uso delle riprese effettuate di nascosto rimane sempre illecito se vengono diffusi elementi idonei all’identificazione di uno dei soggetti filmati.

Secondo me si può sperare in qualcosa di più. La nostra legislazione sulla privacy esonera già i giornalisti, nell’esercizio della loro professione, dall’ottenere il consenso del titolare dei dati personali, il cui trattamento però, per essere lecito, deve essere funzionale all’interesse pubblico e soprattutto all’essenzialità dell’informazione. Perciò mi chiedo se sia sempre doveroso oscurare il viso di una persona o alterare la sua voce quando il riconoscimento del soggetto è essenziale all’informazione che viene divulgata. Penso, ad esempio, che il riconoscimento da parte della collettività di un soggetto socialmente pericolo sia essenziale per l’informazione. Invece sembra che la sentenza CEDU sul caso svizzero tuteli anche questo tipo di situazioni.

*responsabile legale di Ossigeno

ASP

Da ossigenoinformazione.it


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