Pro, contro e… assurdità della riforma sulla diffamazione

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Con questa scheda l’avvocato Giulio Vasaturo, esperto in diritto penale dell’informazione e legale dello Sportello Antiquerele Temerarie “Roberto Morrione”, sintetizza la propria opinione sulla proposta di riforma della normativa in materia di diffamazione a mezzo stampa, internet e sistema radiotelevisivo, attualmente in discussione presso la Commissione Giustizia della Camera dei Deputati, dopo essere stata approvata dal Senato.
I PRO DELLA RIFORMA
 
1) ELIMINAZIONE DELLA PENA DETENTIVA (CARCERE) PER IL REATO DI DIFFAMAZIONE A MEZZO MASS MEDIA.
2) INTRODUZIONE DELL’OBBLIGO DA PARTE DEL DIRETTORE RESPONSABILE DI INFORMARE L’AUTORE DELL’ARTICOLO O DEL SERVIZIO DELLA RICHIESTA DI RETTIFICA. L’AUTORE DELL’ARTICOLO O DEL SERVIZIO (NEL CASO, OVVIAMENTE, RITENGA DI AVER RIPORTATO UNA NOTIZIA INESATTA) PUO’ CHIEDERE AL DIRETTORE DI PUBBLICARE LA RETTIFICA O LA SMENTITA. SE IL DIRETTORE NON ACCOGLIE TALE RICHIESTA E’ PUNIBILE SOLO LUI (IL DIRETTORE) MENTRE VIENE ESCLUSA OGNI RESPONSABILITA’ PENALE DELL’AUTORE DELL’ARTICOLO.
Oggi accade molto frequentemente, infatti, che l’autore di un articolo ritenuto diffamatorio venga condannato a cospicui risarcimenti, pur avendo da subito segnalato al suo direttore l’errore commesso nella diffusione della notizia “incriminata” ed avendo lui stesso chiesto, inascoltato, di procedere tempestivamente alla doverosa smentita o alla rettifica.
3) PRESCRIZIONE BREVE PER L’ESERCIZIO DELL’AZIONE CIVILE DI RISARCIMENTO DEI DANNI DERIVANTI DA DIFFAMAZIONE A MEZZO MASS MEDIA (2 anni rispetto all’ordinario termine decennale di prescrizione dell’azione civile)
4) ELIMINAZIONE DELL’ULTERIORE RIPARAZIONE PECUNIARIA, attualmente prevista in caso di accertata diffamazione a mezzo stampa, ai sensi dell’art. 12 della vigente Legge n. 47/1948
5) NON PUNIBILITA’ (IN AMBITO PENALE) in caso di PUBBLICAZIONE DELLA RETTIFICA (nei termini prescritti dalla legge). Attualmente la pubblicazione della rettifica non esclude di per sé la responsabilità penale.
6) ESTENSIONE DEL SEGRETO PROFESSIONALE anche ai giornalisti PUBBLICISTI. Attualmente l’art. 200 c.p.p., riconosce questa guarantegia professionale solo ai giornalisti professionisti regolarmente iscritti all’albo. Si potrebbe valutare l’opportunità di estendere questa garanzia a tutti coloro che scrivono su testate giornalistiche regolarmente registrate (tutelando in tal senso anche i free lance ed i cronisti più giovani che non sono iscritti nell’Albo professionale e che spesso conducono inchieste assai delicate che li espongono a rischi enormi).
I CONTRO DELLA RIFORMA
1) OBBLIGO DI PUBBLICARE LA RETTIFICA SENZA ALCUN COMMENTO
2) OBBLIGO ANCHE PER LE TESTATE ON LINE DI PUBBLICARE LA RETTIFICA ENTRO UN TERMINE BREVISSIMO (DUE GIORNI DALLA RICHIESTA)
3) COMPETENZA DEL GIUDICE DEL LUOGO DI RESIDENZA DELLA PRESUNTA PERSONA OFFESA (QUERELANTE) NEL CASO DI ASSERITA DIFFAMAZIONE EFFETTUATA TRAMITE INTERNET. Ciò comporterà enormi oneri a carico del “giornalista web” o del blogger che dovrà “girare” l’Italia per far fronte anche alle querele più temerarie.
4) ASSENZA DI UNA NORMATIVA PIU’ RIGOROSA IN GRADO DI ARGINARE CONCRETAMENTE IL FENOMENO CRESCENTE DELLE QUERELE e delle AZIONI CIVILI TEMERARIE. L’introduzione dell’eventuale condanna al pagamento a favore della cassa delle ammende, in caso di querela temeraria, di una somma da 1.000 a 10.000 euro non ha alcuna reale efficacia deterrente rispetto a questa grave forma di abuso del diritto e di condizionamento vessatorio della libertà di informazione.
5) RIMANE IMMUTATA LA NORMA, ORAMAI OBSOLETA e di fatto DISAPPLICATA, di cui ALL’ART. 596 C.P. che esclude formalmente la possibilità di dimostrare la verità del fatto attribuito alla persona offesa e che limita enormemente il ricorso ad un giurì d’onore. Bisognerebbe invece meglio valutare la possibilità di potenziare i poteri del giurì al fine di favorire la composizione di contenziosi, sia in ambito penale che civile, connessi a pubblicazioni giornalistiche.
6) IL DIRETTORE O IL VICEDIRETTORE RESPONSABILE PUO’ DELEGARE LE FUNZIONI DI CONTROLLO (e quindi ogni responsabilità giuridica) AD UNO O PIU’ GIORNALISTI PROFESSIONISTI. Tale norma può comportare, all’interno di talune redazioni, l’ulteriore esposizione a profili di responsabilità professionale a carico di giovani giornalisti professionisti, spesso costretti, di fatto, ad accettare condizioni di lavoro particolarmente gravose.
7) VIENE AFFERMATA LA RESPONSABILITA’ PERSONALE DEL DIRETTORE o DEL VICEDIRETTORE RESPONSABILI PER GLI SCRITTI O SERVIZI RADIOTELEVISIVI NON FIRMATI, configurando così un profilo di responsabilità sostanzialmente oggettiva a carico dei vertici della redazione.
UN’ASSURDITA’ DELLA RIFORMA
 
La normativa vigente (art. 13 legge n. 47/1948) configura l’ipotesi di diffamazione a mezzo stampa con attribuzione di un fatto determinato, riconducibile alla colpevole inosservanza delle regole giuridiche, deontologiche e professionali che presiedono all’esercizio della professione giornalistica. Tale delitto, nella formulazione vigente, non contempla la premeditazione quale elemento costitutivo della fattispecie.
Il ddl introduce invece il reato, assolutamente nuovo nel nostro ordinamento penale, di
DIFFAMAZIONE A MEZZO STAMPA O RADIOTELEVISIONE consistente nell’ATTRIBUZIONE DI UN FATTO DETERMINATO FALSO, LA CUI DIFFUSIONE SIA AVVENUTA CON LA CONSAPEVOLEZZA DELLA SUA FALSITA’. Tale condotta è punita con una (semplice) multa da 10.000 euro a 50.000 euro.
E’ il caso, ad esempio, del giornalista che, animato di motivi di attrito personale o per altro movente criminale, pur sapendo che Tizio ha sempre tenuto una condotta irreprensibile, pubblica la notizia che lo stesso  è un pedofilo, dedito a molestare sessualmente i bambini dell’asilo che sta di fronte a casa sua.
Questa fattispecie è da ritenersi, a mio modesto parere, per molti versi assurda, alla stregua dei tradizionali canoni ermeneutici e dei consolidati parametri di dosimetria della sanzione penale. Secondo la mia opinione, infatti:
a) sarà estremamente difficile e (per fortuna) estremamente raro, nella casistica concreta, che un giornalista proceda con ponderato intento mistificante e lesivo della persona offesa, alla pubblicazione di una notizia “diffamatoria” e “falsa”;
b) nel caso in cui fosse effettivamente accertata la sussistenza di un reato tanto grave e spregevole, posto in essere da un “giornalista” indegno di questa professione, la pena (una semplice multa) non può che ritenersi del tutto irrisoria… perché in questo caso davvero (paradossalmente) dovrebbe essere prevista la pena detentiva.
IL DIRITTO ALL’OBLIO
 
La riforma prevede che “l’interessato PUO’ CHIEDERE l’eliminazione, dai siti internet e dai motori di ricerca, dei contenuti diffamatori o dei dati personali trattati in violazione di disposizioni di legge”. In caso di rifiuto o di omessa cancellazione dei dati da parte del responsabile del sito web, l’interessato può avanzare la medesima richiesta all’Autorità Giudiziaria.
Alcuni giornalisti hanno criticato anche questa disposizione che, di fatto, introduce il diritto all’oblio nel nostro ordinamento giuridico, conformandosi ad una serie di pronunce della Corte di giustizia europea e del Garante della Privacy.
A mio parere, la norma va correttamente interpretata, per cui non vi dovrebbe essere pregiudiziale contrarietà nella misura in cui:
a) tale disposizione legittima solo una RICHIESTA da parte dell’interessato ma non impone l’obbligo di cancellazione (come invece avviene nel caso dell’obbligo della rettifica senza commento)
b) dal tenore letterale della disposizione, si è indotti a ritenere che tale richiesta di cancellazione dei dati sia meritevole di accoglimento solo nel caso in cui vi sia una pronuncia definitiva dell’autorità giudiziaria o dell’autorità di garanzia per la tutela dei dati personali che abbia ritenuto i contenuti pubblicati diffamatori o trattati in violazione del diritto alla privacy. Se così è (vale a dire se la richiesta è ammissibile solo in caso di acclarata pubblicazione di contenuti diffamatori o lesivi del diritto alla privacy), io non credo che vi sia motivo per non accogliere con favore questa ipotesi di riforma.

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