Promesse mancate del governo e nuove minacce

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Le minacce di terrorismo che, dagli agitatori reclutati a Torino e in Valle di Susa, da giovani e meno giovani che, da molti anni, lottano contro la costruzione della ferrovia Torino-Lione , sono state prese sul serio dal sindaco di Torino, Piero Fassino, come dal nuovo presidente della Regione Piemonte Chiamparino e da altri esponenti della politica regionale. C’è stato, in realtà, un incontro tra i capi del TAV e i Nuclei Operativi Armati sigla della galassia anarco-insurrezionalista  che gli inquirenti oggi considerano “serio e preoccupante”. In una situazione economico-sociale nella quale la crisi picchia molto duro in un’ex capitale del Paese, oggi messa in grave difficoltà dal difficile momento economico, le minacce sono arrivate improvvise e inattese all’ANSA e agli organismi delle Forze dell’Ordine.

Non è il caso, secondo altri media, insistere sulla gravità effettiva e imminente del pericolo ma chi conosce bene la città piemontese e la consistenza dei gruppi che si dedicherebbero alla lotta non è così tranquillo dopo l’ultimo messaggio e attende, con qualche preoccupazione, che si succedano i giorni e le settimane e dalle vacanze estive si passi alla ripresa ordinaria del lavoro. Del resto che il Paese viva complessivamente un momento buio e che le prospettive future non siano chiare è dimostrato da un’altra vicenda registrata oggi da un altro quotidiano. La riforma del Senato, di cui chi scrive ha detto più volte, manifestando con chiarezza  la sua opinione fortemente contraria all’abbinamento Italicum-Senato che rischia di privare gli italiani dal diritto di scegliere i deputati e i senatori chiamati a rappresentarci nelle aule parlamentari. L’altra vicenda che colpisce in particolare chi nelle sue ricerche, nei suoi articoli come nel lunghissimo insegnamento universitario, si è occupato a lungo dei terrorismi “nero” e “rosso” che – uno dopo l’altro – hanno percorso il nostro Paese nel drammatico quindicennio dalla fine degli anni Sessanta alla metà degli anni Ottanta, riguarda la sorte di quattro vittime di una delle stragi maggiori che hanno insanguinato il Paese, quella della stazione di Bologna squassata il 2 agosto 1980 dalle bombe organizzate, a quanto pare, da Valerio Fioravanti e Francesca Mambro.

Ora, dopo che le Camere approvarono la legge 2006 che riconosce il diritto alla pensione a chi ha subito una invalidità dell’Ottanta per cento, quattro italiani che rientrano in questa condizione non ricevono neppure un euro dallo Stato, pur dopo aver tentato inutilmente di riprendere un lavoro, sono in grave difficoltà. Per giunta il ministro della Pubblica Amministrazione nel governo Renzi, Marianna Madia, ha cassato l’emendamento che sanava la situazione. E questo nonostante le promesse che l’anno scorso prima il sottosegretario Graziano Delrio, quindi il ministro del Lavoro Poletti avevano comunicato alla presidente delle vittime di via Georgofili Giovanna Maggiani Chelli ma quest’ultima ha dovuto prender atto che l’attuale governo è venuto meno ai patti presi a suo tempo. Non c’è da stupirsi per chi conosce anche soltanto un poco la nostra storia ma è triste doverlo verificare ancora una volta di fronte a una strage come quella della stazione di Bologna che è stata a lungo una ferita grave per la memoria viva del nostro Paese.


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