De Gasperi e il sogno di un’Italia più giusta

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Sessant’anni fa, a Borgo Valsugana, se ne andava senza clamore Alcide De Gasperi. Si possono condividere o non condividere le sue idee, si può essere più o meno d’accordo col suo partito, ma una cosa è certa: lo statista trentino è stato un gigante della politica italiana. Diciamo questo non perché non abbia commesso errori o perché i suoi governi siano stati esenti da critiche, talvolta anche aspre e fondate, su tutte quelle relative alla cosiddetta “Legge truffa” del 1953, ma perché indubbiamente fu un uomo di Stato, dotato di un amore e di un rispetto per le istituzioni che lo portarono persino ad opporsi persino a Pio XII quando questi, in occasione delle Comunali di Roma del 1952, chiese alla Democrazia Cristiana di includere nell’alleanza anche il Movimento Sociale Italiano e il Partito Nazionale Monarchico, pur di scongiurare il pericolo di un’avanzata comunista nella città-simbolo della cristianità. Pur essendo un fervente cattolico e pur nutrendo un senso di ammirazione e gratitudine nei confronti del Vaticano, De Gasperi antepose la laicità dello Stato e la sua convinta fede antifascista sia alle convenienze politiche del momento sia alle sue convinzioni religiose, arrivando ad affermare: “Se mi verrà imposto, dovrò chinare la testa, ma rinunzierò alla vita politica”.

Non a caso, persino Giovannino Guareschi, cui uno scontro con De Gasperi era costato addirittura oltre un anno di reclusione per diffamazione a mezzo stampa, dopo la sua morte riconobbe ne la grandezza, definendolo un gigante rispetto ai politici dell’epoca.
A tal proposito, è bene precisare che anche il nostro giudizio su De Gasperi è senz’altro influenzato non solo dalla riconoscenza e dalla comprensione storica del suo faticoso percorso umano e politico ma pure, inevitabilmente, dall’amaro paragone con chi è venuto dopo, tralasciando, per carità di Patria, qualunque raffronto con il degrado, la pochezza e l’ignoranza complessiva della classe dirigente attuale, il cui confronto con De Gasperi è semplicemente impossibile a meno di non voler scadere nel ridicolo.
Tuttavia, tornando all’analisi storico-politica del suo operato, balza agli occhi il costante impegno in favore della costruzione di un’Italia più giusta, più libera, migliore, fondata sull’onestà e sulla trasparenza, sul rispetto del prossimo e sulla valorizzazione dell’essere umano nel processo di sviluppo di un Paese bisognoso di risollevarsi dalle macerie del fascismo e della guerra. E balza agli occhi anche il suo profondo impegno europeista, la sua condivisione del sogno di Spinelli e degli altri padri dell’Europa unita, la sua idea di un riscatto collettivo dell’umanità dopo la barbarie disumana dei totalitarismi e dei massacri che ne erano derivati.
Senza dimenticare il contributo alla ricostruzione e l’umiltà di un’uscita di scena che fu scandita da un messaggio consegnato alla figlia Maria Romana pochi giorni prima di morire: “Adesso ho fatto tutto ciò ch’era in mio potere, la mia coscienza è in pace. Vedi, il Signore ti fa lavorare, ti permette di fare progetti, ti dà energia e vita. Poi, quando credi di essere necessario e indispensabile, ti toglie tutto improvvisamente. Ti fa capire che sei soltanto utile, ti dice: ora basta, puoi andare. E tu non vuoi, vorresti presentati al di là, col tuo compito ben finito e preciso. La nostra piccola mente umana non si rassegna a lasciare ad altri l’oggetto della propria passione incompiuto”.
E così, di fronte all’arroganza tracotante di una classe politica mai tanto screditata e invisa al popolo, tornano in mente le parole che De Gasperi pronunciò alla Conferenza di pace di Parigi il 10 agosto 1946: “Prendendo la parola in questo consesso mondiale sento che tutto, tranne la vostra personale cortesia, è contro di me”.
C’è, dunque, poco da sorprendersi se all’epoca, pur essendo un Paese sconfitto e più che mai responsabile della catastrofe bellica, fummo riammessi all’interno della comunità internazionale e riuscimmo a redigere una Costituzione che è tuttora considerata, a ragione, la più bella del mondo. E, purtroppo, con la classe dirigente che ci ritroviamo in tutti i settori, c’è poco da sorprendersi anche del fatto che oggi siamo considerati pressoché ovunque una Burlonia, priva di dignità e della benché minima credibilità, mentre un Parlamento eletto con una legge incostituzionale si sta permettendo le mani di stravolgere, come peggio non si potrebbe, la Carta del 1948.
Perché questo è il vero dramma di De Gasperi: aver avuto ben pochi eredi, forse nessuno, ed essere stato seguito da troppa gente che pensa solo alle prossime elezioni, non essendo in grado di spingere lo sguardo oltre il proprio angusto recinto e di farsi carico delle aspettative e delle speranze delle generazioni che verranno.


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