Una giornata della terra davvero particolare

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 “Non ci sarà accordo di pace senza che il popolo palestinese abbia  riconquistato tutti i suoi diritti,a partire da quelli sul  proprio territorio e le sue risorse, in primo luogo l’acqua; non ci sarà accordo di  pace senza il ritorno dei profughi palestinesi alle loro case, ai loro  villaggi e alle loro città; non ci sarà accordo di pace  senza che ci sia uno  Stato Palestinese nella pienezza della sua  sovranità; non ci sarà accordo di pace senza che    Gerusalemme Est  sia divenuta la capitale sacra dello Stato della Palestina”. Con queste dichiarazioni  l’Ambasciatrice palestinese in Italia ha concluso il discorso pronunciato in apertura  della celebrazione della Giornata della Terra organizzata dalla Comunità Palestinese di Roma e del Lazio  il 29 marzo scorso, nel salone della CdB s. Paolo, a Roma.

La Giornata della Terra è celebrata ogni anno  il 30 marzo da   tutto il    Popolo Palestinese, quello assediato a Gaza e quello come imprigionato nella propria terra in Cisgiordania,  quello costretto nei campi profughi dei paesi arabi, quello residente in Israele  e quello    della diaspora  sparsa nel mondo. Si  rinnova così la protesta per il furto della    terra palestinese che il 30 marzo del  1976  costò la vita a sei giovani     ed il ferimento di molti altri per mano dell’esercito  israeliano. Migliaia e migliaia  di persone  manifestarono  quel giorno  al grido di  “Questa terra è nostra, viva il popolo palestinese”, contro la confisca dei terreni che Israele compiva, in aperta violazione del diritto internazionale, per costruirvi le “colonie”. Nonostante il carattere pacifico della protesta, l’esercito israeliano la represse con l’abituale sua violenza.

Quest’anno la ricorrenza è caduta in un momento particolarmente critico,    essendo ormai vicino il   termine dei    “colloqui di pace” in corso tra israeliani e palestinesi,   fissato per l’ormai  prossimo 29  aprile. Il loro andamento   non lascia  presagire un esito positivo. Anzi è forte il timore che ancora una volta ci si troverà di fronte  ad un nulla di fatto, tant’è che da parte israeliana si chiede   di spostare   il termine dei colloqui  ad altra data e vi sono forti pressioni    degli Stati Uniti    sull’ANP perché accetti lo spostamento. Le dichiarazioni dell’Ambasciatrice Palestinese acquistano perciò particolare importanza, tanto più che, avendo sottolineato  l’ufficialità della sua presenza, si è potuto  intendere che non esprimesse soltanto opinioni personali. Il punto di vista palestinese potrebbe dunque  non essere  favorevole ad un protrarsi delle trattative.

Intervistato al riguardo, il  presidente della Comunità Palestinese di Roma e del Lazio, dr Salameh Ashour , si è dichiarato assolutamente contrario ad una proroga della scadenza del 29 aprile. Il suo convincimento è suffragato dalle passate esperienza che portano a ritenere  che la proroga non servirebbe che a concedere ad Israele un ulteriore periodo per proseguire nella ebraicizzazione di Gerusalemme,  nel rafforzamento e l’ estensione  degli insediamenti    coloniali,  nel continuare le incursioni a Gaza e nei villaggi e città della Cisgiordania.  Per altro – ha tenuto a sottolineare  il dr. Ashur – nel corso dei recenti colloqui non una richiesta palestinese è stata accettata da parte israeliana né sono state avanzate da essa  controproposte credibili; anzi ancora una volta è stata evidente l’intenzione israeliana di disattendere  gli impegni presi sia con gli accordi di Oslo sia a Camp David. Gli Israeliani hanno solo insistito nel chiedere all’ANP di   riconoscere  Israele quale  stato ebraico. Se il governo israeliano fosse davvero intenzionato a  raggiungere un accordo di pace ed a ciò fosse finalizzata la richiesta di una prosecuzione dei colloqui,    dovrebbe impegnarsi per iscritto, secondo Ashur, e con la garanzia degli USA,  a porre immediatamente fine alle   incursioni a Gaza, nei villaggi e nei territori palestinesi,  a non costruire nuovi insediamenti  e a   cominciare lo smantellamento  di quelli illegalmente costruiti, a rilasciare i prigionieri politici palestinesi che sono da decenni rinchiusi nelle  sue carceri, ad eliminare i chek point in Cisgiordania e  a porre termine all’assedio di Gaza. E ha aggiunto:<sono gli impegni minimi che Israele dovrebbe pubblicamente assumere per dimostrare la sua buona fede. Ma è del tutto improbabile che ciò avvenga, sicché la resistenza del Popolo Palestinese è destinata a proseguire. Resistenza alla occupazione sionista della Palestina,  terra nella quale per secoli abbiamo però convissuto pacificamente con i nostri fratelli ebrei ed i nostri fratelli cristiani. Il Popolo Palestinese avrà bisogno di tutto il suo coraggio e di tutta la sua intelligenza per resistere efficacemente senza cadere nelle trappole che  il Governo e l’esercito israeliano continueranno a tendere>.

Oltre che con l’iniziativa del 29, la Giornata della Terra è stata celebrata a Roma anche il giorno 30 con un presidio nella mattinata di fronte al Colosseo e con l’impianto a villa Grazioli  di un olivo fatto arrivare appositamente dalla martoriata  Gaza. Vi hanno partecipato esponenti della Comunità Palestinese, del Comitato Donne in Lotta, dell’associazione Amici della Mezza Luna Rossa Palestinese, dell’associazione Con la Palestina nel Cuore, della Rete Romana di Solidarietà con il Popolo Palestinese, nella consapevolezza che la Giornata della Terra è tutti i giorni,  come afferma la  scrittrice palestinese   Nagham Yassin,  perché la politica di colonizzazione della Palestina da parte di Israele continua imperterrita grazie alla connivente complicità dell’Occidente ed  il furto della terra, come dell’acqua e di tutte le risorse   palestinesi,  avviene quotidianamente.

Ed altrettanto imperterrita si ripromette di essere  la volontà dei Palestinesi di resistere  per tutto il tempo necessario a sconfiggere l’ occupazione israeliana e   raggiungere  una pace giusta.


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