Buona Pasqua. Caffè del 20 aprile

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Pasqua di resurrezione, ma anche di passione. Papa Francesco deve fare i conti con l’attico di 700 metri quadrati in Vaticano del cardinal Bertone. Enzo Bettiza ci ricorda che u krajna vuol dire al confine e lui, che tifa da sempre per l’occidente, non se la sente neppure di prendersela con i Russi, tant’è evidente come gli europei d’occidente abbiano prima illuso e poi abbandonato gli europei di Kiev. Il Sole 24 ore accomuna “imprese e famiglie” (che volete? Un po’ di marketing!) e scopre “i prelievi nascosti” nella manovra. Il Corriere scopre che la tassa alle banche è sbagliata “serve un ripensamento forte”, che “il governo prende un miliardo alle imprese” e che “Il Bonus (o è) permanente o inutile”.

Insomma, giornali e giornalisti sembrano un po’ pentiti di aver dato l’OK alla riforma annunciata venerdì. Riscoprono il carattere cogente dei vincoli economici i rischi insiti nel far pagare chi più ha, la platea di quelli che non ricevono o non ricevano ancora benefici dal Renzi-pensiero. Il Premier risponde con un’intervista a Repubblica. Vediamo un po’. Corriere. “Stangata sulle banche e possibili ricorsi: gettito a rischio”. Renzi. “Pagano le stesse tasse di tutti gli altri italiani, il 26%”. Stessa risposta anche per un altra obiezione: “Il Taglio dell’Irap? Finanziato con un aumento delle imposte ai risparmiatori”. Qui per il Corriere i risparmiatori sono i fruitori di rendite finanziare, aliquota portata al 26%, non dei BOT la cui tassa resta al 12,5%.

Il Corriere obietta anche sugli 80 euro. “Il bonus stimola i consumi, per funzionare non può valere un solo anno”. Poi si risponde da solo, con un’intervista a Padoan, “confermo che il bonus contenuto nel decreto deve essere permanente, perché se non è permanente non è credibile e non viene speso”. Certo solo promessa, ma formale. Poi “Sul tetto agli stipendi dei manager la partita non è finita”. Certo che non è finita e neppure l’intenzione di ridurre i privilegi delle grandi burocrazie – ne scrive Merlo su Repubblica – però Renzi replica “Resta incredibile che chi guadagna 20 volte più dello stipendio medio degli italiani, si lamenti”. E non sarà facile dargli torto.

Basta, se no finiremo col sembrare renziani. Al contrario non vorremmo mai far sconti al governo, ma proprio per questo crediamo che la si debba smettere di chiedere la luna dopo aver detto che la luna non si può avere. Renzi, per ridare fiducia e, certo, anche per vincere le elezioni, ha cambiato strada, ha preso di petto taluni privilegi, denunciato resistenze corporative, messo in piazza una sua idea di giustizia. Bisognerebbe incalzarlo ogni giorno, correggerlo ma non buttarlo giù, né restare sulla riva del fiume aspettando che passi il suo cadavere.

Segnalo ancora un’intervista al Casaleggio risanato (auguri sinceri) del Fatto Quotidiano. Democrazia e rete. “Se un eletto viene sfiduciato da almeno 500 iscritti del suo territorio, comincia la procedura per l’espulsione”. Dunque il parlamentare a 5 Stelle non rappresenta la Nazione (come chiede la carta del 48) ma gli iscritti certificati in rete, insomma la struttura controllata da Grillo e Casaleggio. Il quale ultimo, però, si vanta di aver difeso la Costituzione, promette di appoggiare la nostra proposta, il disegno di legge Chiti per un Senato di garanzia ed eletto, se la prende con i dossier che De Benedetti avrebbe ordinato contro di lui e contro Grillo. Quello che capisco: grande incertezza sul da farsi (euro sì, euro no, euro forse!) e conseguente necessità di accentrare tutte le scelte.

Segnalo infine uno Scalfari pasquale, che completa la sua revisione sul tema della riforma del senato, cita un bell’articolo su L’Unità di ieri, scritto da Elena Cattaneo (su cui tornerò) e spiega che Chiti ha ragione, Renzi no. Grazie, Eugenio. Spero che anche altri nostri colleghi giornalisti passino dall’anatema dello slogan alla lettura dei testi di riforma della Nostra (bella) Casa Comune

Da corradinomineo.it


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